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Carla Fracci: «Non si vive sulle punte, ma con i piedi per terra»

  28 Dicembre 2016

L’étoile milanese in occasione delle celebrazioni organizzate dal San Carlo per i suoi 80 anni si racconta tra ricordi e auspici per il futuro della danza.

È un legame speciale quello che unisce Carla Fracci a Napoli. E non è una circostanza casuale che l’étoile internazionale abbia scelto proprio questa città per celebrare i suoi 80 anni con due serate speciali che il Teatro San Carlo le ha dedicato a fine ottobre, “La musa della danza, Auguri Carla!”.

Non c’è solo la delusione verso il Teatro alla Scala di Milano che per l’occasione l’avrebbe semplicemente relegata in platea senza prevedere una sua esibizione, ma c’è qualcosa di più dietro la scelta di Napoli. C’è l’affetto puro per una città e per un Teatro che l’ha vista protagonista in più di una veste. Come ballerina, nelle interpretazioni indimenticabili di Giulietta, Giselle e Filumena Marturano e come direttrice del Corpo di Ballo del Massimo partenopeo alla fine degli anni ’80.

«Sono felice di essere stata festeggiata così a Napoli – commenta l’étoile – perché è una città dal cuore grande, piena di energia e di fantasia. Amo la sua gente, che affronta qualsiasi disagio con il sorriso e mi conforta e mi dà uno stimolo importante per affrontare anche le situazioni più difficili».

Commossa dallo straordinario abbraccio collettivo che la città le ha tributato, in questa occasione così come in tutte le altre che l’hanno vista protagonista sulle tavole del San Carlo, Carla Fracci ha sottolineato come sia stato magico danzare in un cameo creato per lei da Giuseppe Picone, oggi direttore del Corpo di Ballo del Massimo che, dodicenne,  fu scelto proprio da lei e dal marito Beppe Menegatti per interpretare Nijinsky. Una specie di cerchio che si chiude.  

Eppure, l’amore per quella disciplina che l’ha consacrata in tutto il mondo è stato il frutto di un incontro del tutto casuale. «Non ho scelto io la danza, ma è stata lei a scegliere me. E lo ha fatto quando una signora consigliò ai miei genitori di coltivare la grazia e la musicalità che aveva ravvisato in me. Da quel momento è cominciato il mio viaggio alla scoperta di un mondo, che ogni giorno mi regala soddisfazioni. In scena c’è sempre un dare e ricevere e in ogni esibizione hai qualcosa da aggiungere all’interpretazione di quei personaggi che inevitabilmente ti travolgono».

Ma nella sua carriera artistica non ci sono stati solo i lussuosi parquet dei più prestigiosi teatri del mondo. Carla Fracci ha portato il balletto nelle piazze, nelle chiese e nei tendoni, realizzando il cosiddetto “decentramento”.

È in questa straordinaria capacità di colloquiare tanto con il Metropolitan di New York che con le periferie che si ravvisa l’unicità di questa artista. Come quando a Paestum, chiamata da Zeffirelli, si trovò a danzare su una pedana in condizioni disastrose e furono allestiti dei camerini di fortuna nelle cabine elettorali.

«La sbarra ti segue per tutta la vita e io non ho mai esitato a portare la danza nei luoghi nascosti o abbandonati. Per questo motivo soffro quando vedo che non viene valorizzata come altre discipline».

Una punta di amarezza attraversa le parole dell’étoile quando parla dello smantellamento della maggior parte delle scuole di danza nei teatri italiani. «Non ho mai avuto la possibilità di avere una mia compagnia. Bisogna far capire che non basta l’energia e il talento dei giovani ballerini che incontro quotidianamente. Ci vuole una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni».

Messaggera di questa meravigliosa arte nel mondo, Carla Fracci si rivela ancora una volta nella sua essenza non solo di ballerina, ma di donna. «Non voglio essere solo una bandiera. Io sono soprattutto una donna che ha lavorato e che ha capito il linguaggio e i sentimenti della danza: la musica, la poesia e la creatività. Non si vive sulle punte, ma con i piedi per terra. Non sono una diva, sono solo una lavoratrice che quando scende dal palco non vede l’ora di togliersi le scarpe, proprio come Filumena Marturano».

E proprio il ricordo di un aneddoto con Eduardo de Filippo dà la misura del sacrificio che ha caratterizzato la sua vita: «Ricordo che, durante una delle mie tournée in giro per il mondo con mio figlio ancora piccolo, Eduardo, vedendomi molto stanca, mi invitava ad andare nella sua isola, dove la sua governante Maria mi avrebbe accolto per farmi l’ovetto e tirarmi su. Ricordo che il segreto era lasciare per tutta la notte l’uovo fuori la finestra, per poi prepararvi uno speciale zabaione la mattina dopo».

 

 

> di Giulia Savignano 

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