Letteratura di mare
24 Gennaio 2017
Napoli è una città di mare che spesso dimentica di avere un mare.
Potrebbe sembrare un paradosso ma leggendo i libri che sul tema sono stati scritti, ci si accorge di come questa componente svolga un ruolo di confine. A metà tra la metafora e lo studio di settore, il mare è più una cornice, che un vero protagonista.
Emblematico è in tal senso il libro di Annamaria Ortese, “Il mare non bagna Napoli”. Ma a ben vedere anche quando la lettura si indirizza su saggi dedicati al porto, ci si accorge che il mare è un parente lontano, di quelli che si riconosco nelle fotografie, ma di cui poco si parla.
Di esempi ce ne sono tanti: “Storia del porto di Napoli” di Antonio Toma, “La Camera sul porto. Il porto di Napoli dall’unità d’Italia al fascismo” di Lidio Aramu, “Napoli: il porto e la città: storia e progetti” di Fiammetta Adriani e Benedetto Gravagnuolo, “Napoli città portuale e mercantile: la città bassa, il porto e il mercato dall’VIII al XVII secolo” di Teresa Colletta.
E’ Napoli, i suoi avvenimenti, la sua economia a essere sugli scudi, a condurre il lettore in analisi finanziarie o ricostruzioni storiche. Una condizione che si ritrova nel libro di fotografie di Sergio Siano “Il mare che bagna Napoli” (il cui riferimento al sopracitato libro della Ortese è evidente), in cui le immagini sembrano rinviare alla terra ferma, con le sue contraddizioni e i suoi splendori. Del resto, a riprova di ciò, tornando alla letteratura, ne “La Dismissione” di Ermando Rea il mare di Bagnoli dove sorge l’Ilva è onnipresente ma come un irrinunciabile attore secondario, necessario e pure quasi sempre sullo sfondo.
> di Roberto Colonna