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SAN CARLO, ORGOGLIO DI NAPOLI: 280 ANNI DI PRESTIGIO MUSICALE

  06 Luglio 2017

Intervista con il sovrintendente Purchia: Il nostro palcoscenico è aperto a tutta la città

Dal 2009 Rosanna Purchia è sovrintendente del teatro lirico più antico del mondo, che ha saputo traghettare oltre la crisi e rinnovare, pur tutelando l’identità plurisecolare di un’istituzione storica.

Cosa rende il San Carlo ancora oggi un polo di attrazione a livello internazionale?

Il San Carlo è una realtà importante per la storia della musica. Ma questo radicamento nella storia non basterebbe da solo a fare tuttora del San Carlo un grande polo di attrazione internazionale. L’intero settore ha attraversato una crisi profonda dal punto di vista patrimoniale, causata dal fatto che le amministrazioni spesso non tenevano conto del rigore finanziario. Negli ultimi anni è tuttavia avvenuta una sorta di rivoluzione, e a capo delle fondazioni sono state insediate persone, come me, con una solida formazione organizzativa e manageriale. Insomma, è cambiato il ruolo stesso del sovrintendente, che non è più soltanto figura di alta rappresentanza, bensì soprattutto una sorta di amministrazione delegato. Oggi si guarda dunque ai teatri come aziende, di carattere culturale, ma pur sempre tali.

In cosa si è tradotto nello specifico questo nuovo modello gestionale?

Siamo partiti dalla convinzione che il San Carlo sia da considerarsi istituzione del territorio. Questo ha significato in primo luogo aprire il teatro alla città, attrarvi il maggior numero di energie sociali e culturali, e al contempo portare il teatro nella città. Abbiamo puntato dunque sul dare la possibilità, a tutte le categorie della popolazione, di vivere il San Carlo non più come un luogo inaccessibile, autoreferenziale. Non è stato facile, ma siamo andati avanti convinti della nostra visione, che ci ha portato ad esser riconosciuti come una delle fondazioni più vivaci, più presenti a Napoli, e non solo. Dall’apertura alla città è cominciata infatti l’apertura verso il mondo, con numerosi spettacoli in Europa, in Cina, in Russia. Anche quest’anno abbiamo in cantiere diverse iniziative, dall’Italia al Kuwait.

Aprirsi alla città, in una prospettiva a lungo termine, significa in primo luogo riuscire ad attrarre le nuove generazioni. Come ci siete riusciti?

Con molta fatica, anche se in questo sono stata molto aiutata dalle mie precedenti esperienze professionali, dove ho ricevuto una grande lezione di formazione di pubblico. Il nostro percorso è partito dagli alunni delle scuole materne, dal creare spettacoli per loro, fino a giungere al progetto “Musica InCanto”, che ha fatto vivere il San Carlo e l’opera a moltissimi bambini, coinvolgendo i loro insegnanti. E non finisce qui, perché questi bambini trasmettono la conoscenza anche ai loro genitori. Solo quest’anno sono stati avvicinati 14.000 bambini tramite questo progetto, e se solo il dieci per cento di questi ricorda l’esperienza, possiamo dire di aver ottenuto un notevole successo. Nel 2010 abbiamo dato il via anche al progetto “Raccontare la musica”, un corso per insegnanti riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione: tuttora contiamo circa 400 iscritti. Ci occupiamo di formare i formatori, con un percorso tematico che dura tutto l’anno. E loro sono, come li chiamo io, i nostri “amplificatori verso i giovani”. Altra iniziativa fondamentale è stata l’alternanza scuola-lavoro, per la quale abbiamo stabilito una modalità davvero virtuosa: al posto del gettone di presenza, abbiamo voluto infatti che la scuola spendesse i fondi a disposizione in biglietti del teatro per i ragazzi. E’ un investimento sul futuro. Per attrarre i giovani ci aiuta poi moltissimo l’attività formativa che facciamo qui al San Carlo: la scuola di ballo, la più antica d’Europa, con 150 ragazzi iscritti, il Coro di voci bianche, il Coro giovanile dei Sancarlini. Nell’estate 2017, partirà infine il progetto “Opera Camp”, un innovativo campo estivo tematico per bambini e ragazzi dai 6 ai 15 anni.

Quale ruolo hanno svolto gli artisti in questo rinnovamento?

Fondamentale. Nei momenti di maggiore crisi gli artisti sono sempre stati molto vicini al San Carlo. Non finirò mai di ringraziarli, per la loro comprensività, per la loro fiducia, per esser sempre tornati. Con orgoglio voglio ricordare fra tutti il maestro Riccardo Muti, il quale ha scelto proprio il San Carlo per tornare a dirigere l’opera in Italia. Ha un profondo legame con Napoli, dopotutto, e questo teatro era il suo riferimento quando studiava qui.

Quale è stato invece l’apporto delle istituzioni?

Credo che senza lo Stato e senza la Regione Campania, che sono i maggiori finanziatori del teatro, il San Carlo sarebbe già chiuso. E la vicinanza di queste due istituzioni non è mai venuta meno. Così come non è venuto mai meno il sostegno del Comune, della Camera di Commercio e della Città Metropolitana. Insomma, il territorio, anche dal punto di vista delle istituzioni, ha sempre sentito il bisogno di essere dentro il San Carlo.

Quali le novità del cartellone 2017-2018?

Oltre all’inaugurazione del maestro Muti, ciò che posso anticipare è che questo sarà un anno “rossiniano”.

> di Alessio Russo

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