Salumeria Upnea: la rivoluzione di Polpott
05 Novembre 2017
Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola. (Leo Longanesi)
Avete mai provato a mettere il ragù dentro una polpetta? La rivoluzione l’ha fatta la Salumeria Upnea (si legge “apnea” ma il riferimento è proprio al centro storico di Napoli), straordinario bistrot (ma il termine e riduttivo) nato dalla passione per il cibo e la fotografia di due giovani laureati in chimica, Luigi Crispino e Gennaro Natale (e la competenza scientifica non è un caso), ai quali si sono uniti nella gestione del locale (che praticamente non chiude quasi mai, tranne il mercoledì mattina) Stefano De Stefano e Domenico Di Liberto.
La rivoluzione, dicevamo, loro l’hanno fatta ai fornelli, ed è nel nome di Polpott: non vi preoccupate, il sanguinario dittatore cambogiano (Pol Pot) non c’entra nulla. Una tra le più classiche polpette di carne, con tanto di pinoli e uvetta, che racchiude al suo interno il re della cucina napoletana, il ragù. Nella caverna di tufo di Upnea, arredata con gusto, Polpott ci viene servita su crema d’aglio, fonduta di pecorino w salsa al basilico. Chapeau!
Ma, per non dimenticare che ogni rivoluzione porta con sé anche il buono della tradizione, le polpette come le facevano le nostre nonne, “con ragù pippiato dalla mattina precedente” (assicurano ad Upnea) e servito nella classica scafarea di terracotta. Il tutto accompagnato dal Piedirosso Campi Flegrei DOP delle Cantine Astroni, nell’attenta selezione e abbinamenti (perfetti) di Gennaro Natale.
Rivoluzione e controrivoluzione culinaria sono state precedute da entrée, prepasto e ben tre primi, affidati al pastaio Luca Affatato. Andiamo per ordine: mozzarella di bufala aversana, renfetella di purpo (tentacolo di polipo) verace con pomodorino caramellato e basilico (abbinato allo Spuntante di Asprinio di Masseria Campito, Aversa). L’abbinamento bufala-polipo, con tanto di brodo, è audace, ma direi riuscito. A seguire un classico dello street food napoletano: sciurilli ‘e cucuzziell fritti in pastetta. In ripieno è di ricottina di bufala, mozzarella affumicata di bufala, pecorino di Pescasseroli e acciughe di Cetara. Insomma, un po’ tutta la Campania con incursioni abruzzesi. (abbinamento: Jurmanita del Birrificio dell’Aspide).
Passiamo ai primi: si parte con ravioli fatti in casa (farina integrale buratto impastata con uova biologiche) ripieni di crema di baccalà, glassati con burro di bufala. (Catalanesca di Somma Vesuviana). Prova del fuoco, a seguire, con la “genovese” abbinata a tortelli integrali (farina Petra 9) impastati col peperone crusco e ripieni di stinco di maialino. Risultato eccellente, anche se abbiamo trovato troppo brodoso il brodo, arricchito comunque da cipollotto di Nocera e sedano croccante. L’ultima portata di primo, dedicata ai vegani, non è all’altezza delle precedenti, ma forse la collega vegetariana che è stata trattenuta a Roma l’avrebbe pienamente gradita: tagliatelle fatte in casa con farina integrale e semola, all’alga spirulina, con aglio e olio confit, servite con scarola cruda e polvere di capperi. (Fiano Sannio bio DOC di Nifo Sarrapochiello).
In chiusura ci pensa la pastry chef Rachele Criscitiello con una straordinaria Madaleine agli agrumi del Vesuvio, consistenze di pistacchio lucano, gelatina di lampone e cremoso allo zingarone. Azzeccato l’abbinamento con il Passito di Falanghina di Nifo Sarrapochiello. Alzandomi – non appesantito e non barcollante – capisco forse le parole di Gigi Crispino sul nome Upnea: “apnea, perché hai la sensazione di restare senza fiato davanti alle cose belle”.
Salumeria, nella sua classicità rievoca il luogo più autentico dei nostri panini giovanili: è un posto per ritrovarsi, a tutte le ore, riscoprendo la dimensione conviviale del cibo, quello fatto bene.
Esco, ad autunno inoltrato la notte di Napoli è ancora tiepida. Mi viene in mete un proverbio cinese, forse perché siamo giusto a due passi dall’Orientale: “Mangiare è uno dei quattro scopi della vita… quali siano gli altri tre, nessuno lo ha mai saputo”.
Francesco Bellofatto