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Attese, speranze, partenze nelle storie contemporanee nella musica dei Godo’

  04 Febbraio 2018

Loro sono i Godo’, collettivo di giovani musicisti campani (Donato Barbato, voce/chitarra; Simone Zaffiro, cori/chitarra; Fernando Marozzi, cori/violino; Fabio Gerardi, basso; Alberto Emrick, batteria/percussioni) e “A/R – Canzoni da viaggio” è il loro primo ep dentro il quale sono condensate storie e parole di una generazione che non si rassegna, un racconto collettivo di quella parte di realtà che è stanca di aspettare. “Mare nostro” è il primo singolo estratto dall’ep e beneficia di un videoclip per la regia di Alfredo Esposito. Nel brano è racchiusa tutta l’esperienza del cantautore, Donato Barbato, avvocato impegnato sul fronte migranti: tra le attività che svolge sul campo, ha collaborato alle campagne napoletane del collettivo Ex-Opg “Je so’ Pazzo”.

Come è nato il collettivo Godo’? Com’è avvenuto il vostro incontro?

Il progetto è nato nell’estate 2016, su una spinta iniziale partita da Donato, autore dei brani, per poi diventare un vero e proprio gruppo. La musica ha fatto da collante.

A/R Canzoni da Viaggio, il vostro primo ep che racconta di attese, di speranze, di partenze ed emozioni che si rincorrono nell’arco della vita. Quali sono le aspettative legate a questo progetto discografico?

Per noi è un esperimento, un azzardo; abbiamo messo molti elementi assieme, in un “contenitore” che ci sta dando soddisfazioni. Siamo coscienti che non è un punto d’arrivo, Ma speriamo che grazie a questo lavoro, frutto di un percorso per alcuni versi, in controtendenza, si apra la possibilità di mettere a sistema l’esperienza maturata e soprattutto si possa portare in giro le nostre storie il più possibile.

En attendant Godot si rischia di rimanere in una condizione di empasse, nella vostra musica c’è invece tanta azione, anche intesa come denuncia, e mi riferisco a brani come “Mare nostro”. Musica e impegno sociale insomma, cose da cantautori. Ci raccontate cosa c’è dietro questo brano?

Innanzitutto lo sgomento per l’ennesima tragedia in mare (il brano è stato scritto nel febbraio 2015) e poi la volontà di superare le etichette e spiegare, senza retorica, che dietro quelli che noi vediamo come migranti ci sono storie di donne e uomini. Storie di umanità. Siamo partiti da questo per descrivere una condizione sempre più presente nel nostro quotidiano.

Nel panorama della musica indipendente, quanto è ardito portare avanti un progetto cantautorale?

In questo momento storico così particolare si vive una condizione bipolare per cui sembra che ci sia tanto interesse e fermento e contemporaneamente che il movimento sia fermo, con un orecchio alla “purezza” della scena indie e un occhio strizzato al panorama mainstream. Dalla nostra possiamo dire che il compito è doppiamente difficile perché proviamo a dare molti contenuti, di non sempre veloce fruibilità, in una forma forse metacantautorale. Speriamo che il tempo e gli ascoltatori ci diano ragione.

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