FARE IMPRESA COL CROWDFUNDING
26 Aprile 2018
Maurizio Imparato: Come creare valore per una nuova economia condivisa e solidale Campania capo la con due piattaforme per no-pro t e “produzioni dal basso”
Colletta, raccolta fondi, finanziamento dal basso: comunque lo si voglia chiamare, il crowdfunding è da una manciata di anni un modo alternativo, e spesso validissimo, di fare impresa. Diffuso in Italia dal 2005, inizia a acquisire forma e consistenza oltreoceano intorno al 2010. Ad oggi, nel nostro paese oltre 80 sono le piattaforme attive, due delle quali, tutte napoletane. Ne parliamo con Maurizio Imparato, esperto di crowdfunding, o, come preferisce definirsi, allenatore di talenti.
Che cos’è il crowdfunding?
È un modo contemporaneo di fare impresa. Chiunque può aprire una campagna su una delle tante piattaforme esistenti (i luoghi virtuali dove si presentano i progetti), sottoporla al giudizio degli utenti, che, in caso positivo, scelgono di investire il loro denaro finanziando la campagna.
Quindi è facilissimo…
Teoricamente sì. In realtà per funzionare c’è bisogno che vengano rispettate le “regole del gioco”. Moltissimi sono i progetti che non giungono in porto per un approccio sbagliato alla campagna, o perché si dimentica di metterci l’ingrediente principale per la sua riuscita: il cuore, ovvero, tutto se stesso. Il desiderio, quello vero, è il motore propulsore della campagna: per questa ragione i progetti lanciati da associazioni, società, istituzioni, gruppi imprenditoriali, di solito falliscono: c’è bisogno della spinta del singolo, fortemente animato dal desiderio di realizzare il suo sogno. In questo esercizio, che è tutt’altro che autoreferenziale, bisogna avere la capacità, o spesso la fortuna di intercettare la propria comunità di riferimento, coloro i quali cioè avvertono come necessaria la realizzazione del progetto, e sulla scia del bisogno, lo sostengono. Come in tutte le storie che si rispettino, prima di arrivare al sudato happy end, il nostro protagonista deve ‘incontrare e combattere il drago’: in altre parole, perché la comunità sia spinta a sostenere il progetto, deve paventarsi dinanzi ad essa, un problema, una difficoltà, l’impossibilità per il nostro eroe, di raggiungere da solo l’obiettivo.
Se manca tutto questo i progetti falliscono?
Sempre. La parola d’ordine del crowdfunding è empatia. Per converso, il suo nemico giurato, è il piagnisteo. Ho sempre pensato che Napoli, proprio per le dinamiche relazionali che intervengono tra i suoi abitanti, potesse essere la capitale mondiale del crowdfunding e in un certo senso, lo è. Certo, il fenomeno del crowdfunding è impossibile da fotografare da un punto di vista geografico: viaggiando attraverso la rete è fluido per definizione, vale tuttavia la pena di ricordare due eccellenze tutte napoletane: BuonaCausa.org, dedicata, come suggerisce il nome stesso, alle buone cause; qui, oltre alle raccolte fondi è possibile gestire anche petizioni online, raccolte firme. E Meridonare.it, il primo crowdfunding meridionale che ambisce a rappresentare un punto di riferimento per chi vuole progettare interventi sociali, culturali e civici destinati ad un nuovo modo di intendere la cittadinanza attiva.
> di Sarah Galmuzzi