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RUBRICA: A BORDO CAMPO

  03 Luglio 2018

Grazie lo stesso, è stato bello crederci.

La stagione 2018/19 è ormai alle porte e il tempo dei bilanci non più rinviabile, con il suo forte carico di rimpianti e di occasioni dissolte.

Ricorderemo tutti che l’incipit dell’estate 2017 – da parte del patron De Laurentiis – fu quello di provare a puntare alla conquista del titolo nazionale, attraverso la conferma dei big della squadra (significativamente i vari Mertens, Insigne, Koulibaly), piuttosto che investire nell’acquisto di giocatori nuovi, tanto è vero che non se ne videro in quel di Dimaro, se non Ounas, posto che il pur ingaggiato Inglese (sponda Chievo Verona) si decise di tenerlo parcheggiato in terra scaligera.

Gli eventi negativi, sempre dietro l’angolo e sempre inattesi, hanno privato la compagine azzurra non solo del riutilizzo dell’ariete Milik (nuovamente infortunatosi), ma anche del laterale esterno sinistro Ghoulam, che molto bene stava facendo in squadra, tanto da meritarsi elogi sperticati da mezza Europa, ponendo il tecnico tosco-bagnolese nell’impossibilità di variare lo schema tradizionale (4-3-3), convertendolo, in corso d’opera, nel 4-2-3-1 o nel 4-3-2-1, cosa fatta solo nelle ultime giornate, allorquando il centravanti polacco ha dato dimostrazione d’essersi ripreso dal doppio infortunio.

Molto si è detto e scritto (e molto ancora lo si farà in questi giorni) sulla mancata volontà da parte della società di rafforzare – a gennaio – una compagine che avrebbe potuto mostrare la corda se sovrautilizzata sempre negli stessi elementi (12/13), con – in più – l’aggravante di essersi privata di due pedine quasi mai utilizzate (Pavoletti e Giaccherini), che avrebbero potuto dar fiato ad atleti giunti alla fine dei giochi spompati, esausti.

Anche moltissimo si è disquisito sulla scelta (consapevole o meno) di rinunziare preventivamente alle altre manifestazioni parallele al campionato, ovvero le coppe, con atteggiamenti mentali della squadra non pari a quelli prodotti nell’arco del campionato stesso, ma anche – forse – delle scelte dello stesso tecnico, reo di schierare sempre la c.d. formazione migliore, così esponendo gli atleti impiegati a bocciature senza appello (anche per un minutaggio ridottissimo degli stessi ed una conseguente amalgama della squadra di fatto da inventare).

Insomma, tutte le fiches sono state giocate sulla competizione nazionale, e l’incredibile alternanza di risultati, con quattro mesi consecutivi vissuti in testa alla classifica, cui ha fatto poi seguito un periodo durante il quale i punti di distacco fra gli azzurri e la storica rivale bianconera sono andati variando continuamente, fino ad arrivare ad uno soltanto, hanno messo in discussione la bontà di siffatta strategia preventiva.

Di certo il risultato finale, con lo scudetto per la settima volta consecutiva assegnato ai bianconeri torinesi, ha rappresentato un momento di fortissima delusione per la torcida azzurra, che mai come in questa circostanza, aveva investito amore incondizionato, credendoci oltre ogni limite, supportato in questo da una qualità del gioco espresso largamente superiore alle altre squadre di vertice, con riconoscimenti espliciti anche a livello europeo, tutto grazie ad un lavoro – quello di Sarri – di impareggiabile applicazione e valore.

Oggi, smaltita la legittima delusione, occorre guardare seriamente avanti, programmando la stagione del futuro, avendo di mira a cosa realmente la Società punta, se – cioè – il consolidamento della zona europea di I livello, o – piuttosto – la ricerca reale della conquista del titolo nazionale, ormai assente dalla bacheca da quasi trenta lunghissimi anni, attraverso investimenti conseguenti ed in questa direzione sembra voler esser andata la Società stessa, con il colpo di teatro dell’ingaggio del nuovo tecnico (secondo l’opinione pubblica fra i cinque migliori attualmente sulla piazza), nella persona di Carlo Ancelotti (detentore di tre Champions League e scudetti in ogni dove). Ciò che dispiace è il modo con cui si è interrotto il rapporto di lavoro con Sarri, reo – probabilmente – di poca chiarezza, specie nelle ultime sortite della squadra, quando la tifoseria tutta (o quasi) gli ha riversato addosso un amore fortissimo, mai ricevuto – da queste parti – se non dal più grande personaggio calcistico planetario quale Diego Maradona. Ma tutto ciò non è bastato, né in termini di riconoscimento economico più che raddoppiato, né in termini di fiducia a continuare nel progetto Napoli.

Ecco, l’ingaggio del tecnico romagnolo, in questo senso, rappresenta decisamente una spinta in avanti nel progetto di crescita della società, come della squadra, con la sicura volontà della guida tecnica di programmare la stagione a 360 gradi (competizioni extra campionato comprese), e – conseguentemente – con la forte carica attrattiva, sia in fase di entrata (in ragione dell’ingaggio di nuovi affermati campioni, non necessariamente top),  che in quella di uscita, con la possibilità di trattenere un buon numero di big (al netto delle clausole rescissorie…).

Insomma, che la delusione per la conclusione amara dell’attuale stagione (in termini di miglioramento del palmares) rappresenti il volano per il raggiungimento di traguardi prestigiosi, coniugando trame di gioco piacevoli, con vittorie e trofei, dando un colpo definitivo all’egemonia juventina.

>di Antonio Di Luna

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