SUD, ECCELLENZA ITALIANA ECCO I SETTORI SU CUI PUNTARE
30 Ottobre 2018
ICT, cultura, turismo e aerospazio: le indicazioni dei protagonisti della Campania
Il Sud, con le sue eccellenze produttive e culturali, può rimettere in moto l’economia italiana. DODICI Magazine, in occasione del 33mo Convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria Capri, dedicato all’Europa nel decennale della ratifica del Trattato di Lisbona, ne ha parlato con i protagonisti della vita economica, civile e istituzionale della Campania. Che ci hanno risposto sottolineando criticità da superare e opportunità da cogliere.
GLI IMPRENDITORI
“Il Sud può essere strategico per la ripresa del Paese diventando più competitivo e capace di attrarre investimenti – esordisce Vito Grassi, presidente di Unione Industriali Napoli e Confindustria Campania -. Al Sud vanno create le condizioni per il rilancio di un’impresa manifatturiera nel senso più ampio del termine, tenendo conto dell’intera catena del valore, incluse le fasi precedenti e successive al processo produttivo. Un manifatturiero al passo con la trasformazione digitale in atto, che rappresenta una grandissima occasione di riscatto per la Campania e l’intero Mezzogiorno. Non dimentichiamo che nel nostro territorio siamo leader mondiali nella produzione di competenze digitali grazie alla decisione di investire su Napoli dei grandi colossi dell’innovazione: da Apple a Deloitte, passando per Cisco fino ad arrivare a Ferrovie dello Stato”.
Qual è la principale criticità da superare?
Le infrastrutture prima di tutto: sono indispensabili a creare le condizioni di contesto che consentano alle imprese di crescere e investire. Di sicuro non vogliamo rivivere il film dell’orrore della Salerno-Reggio Calabria e parlare per i prossimi 30 anni dell’Alta Velocità tra Napoli e Bari. Parlo di ferrovie con in testa il collegamento tra il capoluogo campano e quello pugliese, ma non solo: occorre investire anche su strade, porti e aeroporti. E soprattutto su un sistema intermodale di connessione tra queste diverse tipologie di infrastrutture. Da questo punto di vista il progetto di ammodernamento dei trasporti in corso a Napoli è molto importante. Ma non può e non deve essere realizzato in tempi biblici.
E gli altri ostacoli?
La burocrazia, che impone procedure farraginose e lunghissime, la certezza del diritto, nonché un accesso al credito al passo con tutte le economie mondiali e fondamentale per sostenere le aziende in questa fase di ripartenza dell’economia italiana. Nel Mezzogiorno le difficoltà di fare impresa restano di gran lunga maggiori che nel resto del Paese e, più che altrove, bisogna combattere la subcultura criminale promuovendo istruzione e lavoro come valori prima ancora che come opportunità.
Su quale settore puntare?
Ritengo che si debbano promuovere politica e strumenti trasversali più che settori. Definire i presupposti per una maggiore competitività, ad ogni livello. Dal turismo e dall’industria culturale fino a settori come quello sanitario, occorre puntare sulle persone, sui loro talenti impegnandosi con forza per una formazione più al passo con le esigenze poste dai nuovi modelli di impresa. Industria 4.0, in questo senso, sarà un orizzonte strategico ineludibile per l’azione dell’associazione che presiedo. I rapporti con università, centri di competenza e Digital Innovation Hub saranno indirizzati sia alla promozione dell’innovazione tecnologica e organizzativa, sia alla questione centrale della formazione di nuovi profili professionali e di nuove competenze e abilità indispensabili per la modernizzazione delle imprese e degli stessi assetti sociali e istituzionali.
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Per Federica Brancaccio, Presidente ACEN (Associazione Costruttori Edili Napoli), il Mezzogiorno deve recuperare centralità nell’area del Mediterraneo, sia dal punto di vista geopolitico che dal punto di vista socio-economico e culturale. “Le criticità da superare sono due – aggiunge il leader del costruttori partenopei -: l’atavico individualismo e la sfiducia nelle istituzioni. Occorre puntare sulla forza anticiclica delle costruzioni: rimettere in moto l’edilizia significa far ripartire l’economia. In particolare, punterei su manutenzione, trasformazione e riqualificazione urbana”.
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“Il Mezzogiorno – dice Bruno Scuotto, presidente di Fondimpresa, il Fondo Interprofessionale per la Formazione Continua – ha sicuramente potenzialità ancora da esprimere sia in termini di know how e sia in termini di idee e innovazione. La capacità importante sta nel renderlo attrattivo agli investimenti: nel Sud questo deve diventare l’unico e più urgente risultato da raggiungere. L’attrattività di un’area, tuttavia, non passa esclusivamente per attività quali sicurezza e infrastrutture, ma risiede spesso anche nella rete di sub fornitura, nella formazione di qualità e nei costi diretti che paradossalmente non sono gli stessi di altre regioni italiane ponendo un peso spesso insopportabile agli investitori in termini di assicurazione, costo del danaro, tasse, consumi etc.”
“La principale criticità da superare – aggiunge Scuotto – consiste in un muro culturale da abbattere, prima nel mezzogiorno e poi fuori da esso. Bisogna cambiare la mentalità diffusa al SUD che il nostro è un territorio dannato, da cui fuggire; dove non è giusto studiare, produrre e persino curarsi. Bisogna credere nelle nostre capacità e uscire dall’alibi della discriminazione. Abbiamo convinto i nostri giovani che non esiste più il posto fisso, convinciamo per primi noi stessi che il nostro made in Italy, unito alla spinta innovativa che richiede il mercato del lavoro, non avrebbe rivali solo se si operasse sinergicamente nell’intraprendere direttamente al Mezzogiorno”.
“La manifattura – conclude il presidente di Fondimpresa – rappresenta ancora l’asse trainante dell’economia del Paese. Siamo il secondo paese manifatturiero al mondo con tutti i nostri “nonostante” che spesso il Presidente Boccia cita. Penso al manifatturiero legato ai settori più innovativi che trovano maggior spazio nel mercato internazionale quale l’aeronautica, l’aerospazio e l’automotive. Ma anche la tradizione del tessile/moda/abbigliamento e dell’agroalimentare dove occorre solo consolidare le posizioni assunte negli anni post crisi. Non dimentichiamo, infine, della risorsa naturale che abbiamo ricevuto in dono e che dovrebbe far aumentare la qualità (e non la quantità) delle strutture turistiche che possono rappresentare il nostro settore di punta”.
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Secondo Filippo Liverini, presidente di Confindustria Benevento, “occorre lavorare su una visione geopolitica più ampia che estrapoli il Mezzogiorno dall’idea di SUD Italia e lo collochi come territorio centrale di tutto il bacino mediterraneo e apripista per nuovi mercati. Questa visione richiede una interconnessione funzionale di tutti i sistemi logistici e importanti investimenti infrastrutturali. Dobbiamo essere in grado di liberare le sue potenzialità e di fare in modo che possa sviluppare un proprio modello industriale non necessariamente affine a quello delle regioni del Nord. Penso ad un hub innovativo nel quale le idee ed i talenti possano essere incanalati e trovare una loro espressione. Per fare questo bisogna creare un contesto favorevole agli investimenti nel quale le amministrazioni funzionino a dovere, la burocrazia non soffochi le iniziative e la corruzione non demoralizzi la libera attività di impresa. Gli incentivi servono per superare il gap iniziale, ma da soli non bastano”.
Per il leader degli industriali sanniti il flusso di risorse proveniente dall’Europa, destinato agli investimenti pubblici, ha in qualche molto distolto l’attenzione delle risorse ordinarie da destinare alle regioni del SUD. “Questa situazione – aggiunge – ha portato ad un progressivo impoverimento nei servizi essenziali (sanità, scuole, manutenzione delle strade, delle aree verdi e dei fiumi). Occorre ripartire dai servizi. Con riferimento all’industria, un ruolo decisivo lo svolge il credito bancario. Oggi molti dei centri decisionali bancari sono al Nord. È pur vero che non sempre noi imprenditori siamo bravi a chiedere credito: è necessario lavorare sui due fronti, banche e imprese, per aiutare il dialogo”.
“Ciò che la politica può fare – conclude Liverini – è creare le condizioni di contesto: infrastrutture, aree industriali attrezzate, depuratori, tempi celeri e snellimento delle procedure sono elementi di sicura attrattività per gli investimenti”.
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“Il made in Italy – spiega Susanna Moccia, vicepresidente Giovani Imprenditori Confindustria – è il reale valore aggiunto della nostra economia. Il Mezzogiorno è parte integrante di questo elemento. Ha contribuito e contribuisce, con le sue produzioni, a costruire il marchio che ci ha fatti grandi nel mondo. Basti solo pensare ai prodotti legati al mondo della moda, dell’aerospazio, dell’agroalimentare, della cantieristica. Oggi, grazie alla capacità di intercettare i cambiamenti in corso nell’industria, anche le nostre imprese fanno dell’innovazione una priorità, applicandola ai comparti produttivi più tradizionali”.
“È continuando su questa strada – conclude Susanna Moccia – che il Sud riuscirà a diventare sempre più strategico per la ripresa del Paese, valorizzando le sue produzioni nella loro totalità e superando con coraggio le attuali difficoltà”.
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Per Anna Del Sorbo, presidente del Gruppo Piccola Industria di Unione Industriali Napoli, il patto sociale proposto con forza dalle Assise di Confindustria sia la strada fondamentale per la crescita del Paese. “Bisogna mettere al centro delle politiche di sviluppo le imprese, perché sono queste che lo determinano – dice Anna Del Sorbo -. Ma la strategia da adottare deve tenere conto delle compatibilità della finanza pubblica e della necessità di un disegno armonioso, inclusivo, che crei occupazione e migliori la qualità della vita sociale. In questo scenario il Sud è la cartina al tornasole perché è qui, purtroppo, che si ritrovano le maggiori criticità, dalla inadeguatezza amministrativa al gap infrastrutturale, dalla disoccupazione ai problemi di ordine pubblico. Nel Sud va rafforzata una strategia di politica industriale che riguardi l’intero Paese”.
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“I problemi del Mezzogiorno sono annosi e si sono aggravati con la recente prolungata recessione – aggiunge Vittorio Ciotola, presidente Gruppo Giovani Imprenditori di Unione Industriali Napoli -: Il Sud deve combattere sia col forte Gap infrastrutturale che caratterizza le nostre aree, sia con una diffusa scarsa coscienza civica. È necessaria una presa di coscienza di tale stato delle cose ed ingranare una marcia in più. Un esempio è certamente il ruolo che stanno assumendo le Università con esperienze di successo come le Academy di San Giovanni a Teduccio che fungono da trampolino per la proliferazione di startup innovative di grande qualità. Scuola e formazione devono essere i terreni fertili su cui innestare un percorso di rinascita del Sud poiché consentono a un numero sempre maggiore di ragazzi di poter trovare anche sul proprio territorio opportunità per esprimere le loro potenzialità. Affinché però tale sforzo non resti vano è importante che la politica faccia tutto il necessario per rendere attrattivo il Mezzogiorno agli occhi di coloro che hanno forza e capacità di investimento”.
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Secondo Andrea Porcaro, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Benevento, il Mezzogiorno può diventare strategico per la ripresa del Paese creando le condizioni affinché le potenzialità presenti siano in grado di esprimersi al meglio. “Credo che il primo patrimonio che dovremmo evitare di perdere è quello umano – aggiunge Porcaro -. Il fenomeno della migrazione intellettuale inizia già durante l’università e si incrementa dopo la laurea. La fuga di cervelli è costata al paese negli ultimi anni 42,8 miliardi di euro e rappresenta per il Sud una vera e propria emorragia”.
“I giovani del Sannio possono contribuire ad incidere sul sistema economico campano – spiega il leader degli Under 40 di Benevento – mettendo le proprie idee, capacità e potenzialità a servizio del territorio. Sicuramente in questo percorso il ruolo di indirizzo che svolgiamo sul campo può rappresentare un ottimo punto di partenza. L’alternanza, i progetti per favorire la nascita delle strat up e per aiutarle a restare sul mercato, rappresentano esempi di best practices. Altro elemento da potenziare riguarda l’inserimento di imprenditori junior in azienda favorendo il cambio generazionale, per consentire ai giovani di esprimersi al meglio negli ambiti loro più confacenti come l’innovazione. Ma solo creando le condizioni per un sistema sociale ed economico più efficiente – conclude Porcaro – saremmo in grado di fare la differenza.”
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Da Terra di Lavoro arriva l’opinione di Raffaela Pignetti, presidente del Consorzio ASI di Caserta: “Serve un piano strategico – spiega – per il potenziamento delle infrastrutture, investimenti e interventi immediati, efficaci e utili allo sviluppo di attività imprenditoriali già esistenti, al rilancio di cultura e turismo”.
Per la Pignetti la principale criticità da superare e la totale assenza di dialogo sui territori tra rappresentanti istituzionali e soggetti privati: è una mancanza che danneggia i processi di sviluppo.
“È necessario intervenire – conclude il presidente dell’Area per lo Sviluppo industriale – per il mantenimento e, meglio ancora, lo spostamento delle produzioni manifatturiere nei nostri territori favorendo così l’occupazione e arricchendo il marchio del Made in Italy puro”.
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“Ormai è chiaro che il Paese continua a viaggiare a due velocità, che le competenze tecnologiche non trovano un’adeguata “governance”, che i giovani talenti preferiscono emigrare. Bisogna rimboccarsi le maniche – sottolinea Luigi Carrino, presidente del DAC – Distretto Aerospaziale della Campania -, facendo valere le ragioni delle eccellenze del nostro territorio, dello straordinario lavoro delle nostre università e del mondo imprenditoriale. Bisogna generare lavoro di qualità e per far questo l’industria aerospaziale rappresenta un’opportunità unica per la nostra Regione, perché mette insieme grandi gruppi, piccole imprese di eccellenza ma anche una rete della ricerca che ritengo sia la più forte d’Italia. Il tutto però deve essere inserito in un piano di condivisione strategica che porti alla realizzazione di nuovi prodotti da lanciare sui mercati nazionali e internazionali”.
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Il Mezzogiorno è un territorio ricco di potenzialità inespresse. “Il capitale umano – dice Roberto Castaldo, direttore Coach Italy – rappresenta il suo elemento di forza, capace di fare la differenza. Gli ultimi dati Svimez evidenziano una continua fuga di giovani dal Sud, una frattura tra il territorio e la sua principale ancora di salvezza. Cosa fare? Continuare a investire sull’innovazione per accrescere la competitività del Sud e renderlo sempre più attrattivo per gli investitori. Ma è possibile farlo solo dando il giusto rilievo alla formazione, non solo scolastica o universitaria. Sono gli imprenditori, i lavoratori, i professionisti a dover puntare sull’aggiornamento continuo per essere sempre competitivi in un mercato produttivo in costante trasformazione”.
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Lo sviluppo economico italiano non può prescindere da quello del Mezzogiorno, qui esistono punte di eccellenza produttiva che rappresentano pilastri della nostra economia. “Il Piano Industria 4.0 – afferma Antonio Zinno, presidente Step Sud Mare – ha contribuito ad accelerare l’adozione di modalità innovative anche presso numerose Pmi, ma è fondamentale scongiurare il rischio di un’Italia 4.0 a due velocità. È determinante, quindi, la capacità di integrare il Piano con politiche sociali e culturali, senza dimenticare il ruolo svolto dai fondi strutturali europei per lo sviluppo del Mezzogiorno. Inoltre, non va sottovalutato il ruolo di primo piano che le risorse umane rivestono per le nostre imprese. È dal Sud che può nascere un nuovo Umanesimo imprenditoriale, che poggi sulle potenzialità del 4.0, riportando al centro di strategia di crescita l’uomo”.
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Secondo Paolo Lanzilli, amministratore di EITD Scarl, per garantire al Mezzogiorno un ruolo centrale nello scenario nazionale ed europeo, “è necessario che le condizioni di partenza siano uguali per tutti e che si combattano le diseguaglianze economiche e sociali, attraverso politiche di inclusione, di accoglienza, di contrasto alla povertà. Bisogna, innanzitutto, ripristinare le condizioni di legalità, ancora oggi soffocate dalla corruzione e dalla criminalità organizzata. La nostra speranza sono i giovani – conclude Lanzilli -: vanno incanalati in percorsi formativi che offrano una concreta opportunità educativa e di inserimento socio-lavorativo”.
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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Secondo Vincenzo Onorato, presidente di uno dei principali gruppi armatoriali europei (che raggruppa Moby e Tirrenia), il Mezzogiorno può essere strategico per la ripresa italiana diventando normale, ovvero “cercando risposte che sono normali per il resto del Paese. In materia di porti e trasporti – sottolinea l’armatore – questo significa efficienza, affidabilità e capacità di attrarre traffici non per motivi assistenziali ma per precise motivazioni commerciali sul mercato internazionale, rivalutando traffici che sono naturalmente del Sud. Ad esempio, il traffico della frutta alla cui razionalizzazione è legata la capacità di rendere competitivi i prodotti su tutto il mercato europeo”.
“Al di là delle criticità culturali e della convinzione sbagliata di dovere comunque fare conto su regimi di aiuti e di sovvenzioni, e quindi necessità di recuperare un orgoglio che il Sud ha nel suo codice genetico – prosegue Onorato -, credo che la principale criticità stia nella capacità di concentrare gli sforzi e gli interventi infrastrutturali laddove hanno un senso e motivazioni di mercato. Un esempio? Pensare a un mega hub container vicino a Palermo quando hub come Gioia Tauro o Taranto oppure Cagliari hanno il fiato corto, è pura follia. Pensiamo a come rendere nuovamente competitivo Gioia Tauro, confrontandoci con le grandi compagnie mondiali che dominano il trasporto container. Poi serve concretezza anche in tema di zone franche: questo è ciò di cui ha bisogno il Sud”.
Su quale settore puntare? Per Onorato la logistica integrata rappresenta una sfida. “Ma altri settori come le crociere o le autostrade del mare – conclude l’armatore – presentano enormi potenzialità per i porti del Mezzogiorno”.
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Se il Mezzogiorno non riparte, non riparte l’Italia. “Negli anni del miracolo economico – dice Pietro Spirito, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale – si è verificata una crescita del Sud superiore a quella media del Paese. La forbice di reddito e produzione industriale si era ristretta, per poi nuovamente allargarsi con la fine dell’intervento straordinario e con le privatizzazioni delle aziende pubbliche. È crollato il volume degli investimenti pubblici e privati, ed il Mezzogiorno ha affrontato negli ultimi venti anni una crisi strutturale profonda, aggravata poi dalla crisi internazionale iniziata nel 2007”.
Per Spirito occorre smettere di credere che il mercato da solo sia in grado di fare il miracolo di rimettere tutto a posto. “Servono politiche pubbliche di convergenza – sottolinea – per attirare investimenti produttivi nelle industrie del ventunesimo secolo. Poi serve migliorare la qualità è la tonicità della Pubblica amministrazione: senza una macchina capace di garantire efficienza ai servizi essenziali gli investitori non saranno interessati a venire nel Mezzogiorno. Giustizia, scuola, sanità, trasporti, credito devono essere portati ad un livello di adeguatezza. Nel mondo contemporaneo conta la produttività totale dei fattori, che non è data solo da capitale e lavoro, ma da ciò che gli economisti hanno definito il residuo: vale a dire l’insieme di tutti gli altri fattori che incidono sulle decisioni degli attori economici. Solo un contesto attrattivo determina un territorio attrattivo”.
Per il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale è necessario puntare sulle filiere, vale a dire su quelle catene del valore che generano maggiore impatto in termini di competitività. “La Campania – conclude Spirito – presenta un posizionamento adeguato già su agroindustria, aerospazio, automotive, abbigliamento, farmaceutica. Su questi punti di forza occorre continuare a puntare. Poi serve comprendere che la logistica e l’economia del mare possono essere terreni di sviluppo non solo per il potenziale in se’, ma anche per le ricadute positive che inducono nelle altre filiere, in termini di maggiore efficienza, incremento delle connessioni, accesso ai mercati internazionali”.
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Restiamo in ambito di logistica e trasporti con Armando Brunini, amministratore delegato della GESAC: “È necessario invertire la condizione che ha contraddistinto la nostra storia recente – spiega il manager aeroportuale -, facendo in modo che le molte qualità e potenzialità dei nostri territori assumano un peso maggiore delle carenze e delle criticità. È impensabile illudersi che d’un tratto si possano cancellare o ridurre le gravi problematiche strutturali che attanagliano il Sud se non ci si è riusciti dall’Unità d’Italia in poi, con una deriva negativa negli ultimi decenni. Questo non significa non lavorare con determinazione per ridurre le criticità ma forse può essere efficace, nel contempo, considerare prioritario la valorizzazione delle nostre bellezze e del nostro patrimonio culturale materiale ed immateriale vedi la vitalità, la creatività ed intraprendenza dei nostri giovani. Spesso la migliore difesa è l’attacco ed è anche più divertente lavorare sulle positività: ingenera autostima, favorisce la reputazione e può far partire un circolo virtuoso che renda più attrattivo il Mezzogiorno per investirci, lavorarci e viverci”.
Per Brunini la maggiore criticità è la fuga di cervelli. “Dobbiamo cercare di trattenere una quota molto più elevata della parte più qualificata delle nuove generazioni – aggiunge -. Trovo sano e legittimo che un giovane possa desiderare di completare gli studi o lavorare al Nord Italia o all’estero. Questa, però, dovrebbe essere una scelta e non l’unica strada percorribile. Sarebbe bello, inoltre, poter attrarre capitale intellettuale per compensare la perdita di quello nostrano e creare le condizioni affinché alcuni di coloro i quali hanno dovuto emigrare, possano riportare le esperienze acquisite altrove al servizio del Mezzogiorno. Fondamentale è poi un’operazione ancora più complessa relativa ad una urgente iniezione di cultura e senso civico rivolta a tutta la società meridionale. Solo quando riusciremo ad anteporre il “Bene della Comunità” a quello proprio o familiare saremo in grado di elevare il livello dei servizi, la qualità della vita e quindi l’attrattività del nostro territorio”.
“Se dovessi individuare un settore prioritario su cui puntare sceglierei il turismo – conclude l’amministratore delegato di GESAC -. Sebbene nel Sud sia collocata la maggior parte del “patrimonio” turistico nazionale, è visitato dal solo 15% dei turisti stranieri: il potenziale è enorme e le recenti tendenze molto incoraggianti. Il turismo viene spesso “snobbato” dagli economisti e trattato come industria di serie B, eppure costituisce il’11% del PIL nazionale”.
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CULTURA, RICERCA E UNIVERSITÀ
Secondo l’economista Mariano D’Antonio il Mezzogiorno può contribuire alla ripresa dell’economia italiana soprattutto attraverso due canali: “il primo – spiega D’Antonio – è l’attrazione di investimenti diretti esteri, cioè la localizzazione di nuove imprese di origine esterna; il secondo canale è il sostegno offerto da istituzioni pubbliche nazionali e locali a piccole e medie imprese innovative avviate da giovani meridionali”.
“L’ostacolo maggiore da superare – afferma l’economista – non è tanto la qualità carente delle infrastrutture generali (specie trasporti e comunicazioni) quanto la mancanza di sicurezza delle persone e dei patrimoni”.
“I settori d’investimento più promettenti, legati alle risorse locali – conclude D’Antonio -, sono l’agroalimentare e il turismo di massa, favorito dall’ambiente naturale e dalle preesistenze storiche”.
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“Ci sono molti problemi – afferma Massimo lo Cicero, docente di Economia al Suor Orsola Benincasa e all’Università La Sapienza di Roma – per costruire un Mezzogiorno che possa diventare strategico per la ripresa: l’Italia, e per aggregazione l’Unione Europea, che dovrebbero assorbire il nostro Paese dopo aver collegato il Nord con il Sud. In questo caso è proprio la divaricazione tra Nord e Sud ad impedire un processo positivo per il futuro. Insomma, la principale criticità da superare è il Mezzogiorno; anche perché le regioni meridionali sono diverse e poco compatibili per allargare la coesione, che dovrebbe fare convergere la società e l’economia meridionale attraverso una dimensione uniforme nelle regioni meridionali”.
“Si dovrebbe cercare una diversa stagione della crescita possibile – conclude lo Cicero -. Nonostante la fragilità meridionale si possono trovare varchi utili per ottenere risultati: trapasso tra industria e servizi operativi; tecnologie, università e capitale umano adeguato; turismi, culture, beni culturali, Food & Beverage, Bed & Breakfast; infrastrutture adeguate. Ma non esiste ancora una identità complessiva, bisogna limitarsi alle isole felici che anche il Sud a volte possa trovare”.
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Per Marco Salvatore, fondatore del “Sabato delle Idee” e direttore scientifico dell’IRCCS SDN, Il problema principale del Mezzogiorno è l’incapacità di tradurre le grandi potenzialità in progettualità concreta e sviluppo economico. “Il Sud – spiega Salvatore – può diventare strategico per la ripresa del Paese superando questa criticità appena evidenziata. Faccio l’esempio del patrimonio culturale: il lavoro dei ‘super-direttori’ dei grandi attrattori culturali della Campania (dal MANN alla Reggia di Caserta) ha dimostrato che innovazione, managerialità e marketing del territorio possono sviluppare un grande indotto economico”.
“Oltre al settore culturale – conclude il fondatore del Sabato delle Idee – bisogna puntare sulle nuove frontiere dell’economia, quali la sharing economy e la green economy. Senza dimenticare che solo colmando i suoi gravi deficit infrastrutturali si rilancia l’economia del Mezzogiorno”.
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Il Mezzogiorno dovrebbe recuperare e rivendicare il suo ruolo fondamentale per l’intero Paese: “non più solo un mercato per il resto d’Italia e d’Europa – dice l’editore Diego Guida, presidente del Piccoli Editori dell’AIE – ma anche un territorio capace di saper valorizzare sé stesso ed attrarre capitali. Il ritmo di crescita, invece, è del tutto insufficiente ad affrontare le emergenze, anche sociali, nell’area. Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati: è indispensabile non rimandare azioni politiche incisive”.
Per Guida le principali criticità da superare sono la lentezza della burocrazia e la scarsa sensazione di sicurezza, recuperando la certezza dei tempi per l’avvio di nuove imprese.
“Punterei su turismo e valorizzazione dei beni culturali, in modo concreto, non solo a parole come si è fatto fino ad oggi – conclude l’editore -. La Regione ha avviato diversi bandi pubblici per favorire la promozione della cultura, ora tocca a noi imprenditori rimboccarci le maniche e partire. Negli altri Paesi d’Europa a vocazione turistica sono attivi programmi di sviluppo di grande impatto: dovremmo seguire questi esempi”.
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LE ISTITUZIONI
Il superamento del divario tra Nord e Sud può consentire all’Italia di recuperare, come sistema Paese, una propria dimensione competitiva, superando squilibri storici, ampliando il mercato interno, migliorando le performances ed aumentando il PIL complessivo. “Senza un recupero di produttività del Mezzogiorno, un innalzamento dei livello di vivibilità di città e territori meridionali – sottolinea Bruno Discepolo, assessore regionale Urbanistica e Governo del Territorio – anche i risultati raggiunti dal Centro-Nord saranno vanificati e l’Italia resterà ai margini dei processi di crescita continentali. Occorre contrastare la desertificazione e inibizione delle giovani generazioni del Sud, in particolare di quelle più formate, costrette a lasciare i paesi d’origine ma, soprattutto, impossibilitate a farvi ritorno e trovare un’occupazione adeguata. Oltre all’enorme costo, e spreco, anche sociale, il fenomeno costituisce, in prospettiva, un’ipoteca dal punto di vista demografico sugli equilibri e la composizione delle popolazioni meridionali nei prossimi decenni”.
Per Discepolo va compiuto un grande sforzo verso una infrastrutturazione moderna del Mezzogiorno, “ancora oggi priva, in molti suoi territori – conclude l’assessore -, di adeguate reti, da quelle tradizionali a quelle della conoscenza e dell’informazione digitale”
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La Campania è capofila dello sviluppo del Mezzogiorno: recuperati i livelli pre-crisi – sottolinea Valeria Fascione, assessore regionale all’Innovazione, Startup e Internazionalizzazione – abbiamo il più alto indice di crescita PIL (+3,2% – ISTAT dicembre 2017) oltre a essere dotati di un ecosistema dell’innovazione avanzato e di una propensione imprenditoriale diffusa, come confermano i dati sulle startup innovative e le oltre 6mila imprese in più nell’ultimo anno”.
“Il carico sovrabbondante della burocrazia e la frammentazione degli investimenti – prosegue l’assessore – sono tra i principali motivi della scarsa capacità di innestare innovazione nel nostro paese. I nostri interventi sono tesi proprio al superamento di queste criticità.
È opportuno puntare sulla digitalizzazione del nostro sistema economico. Il digitale, con il suo grande potenziale di trasformazione sociale ed economica, rappresenta una delle priorità politiche. Tre i principali asset: infrastrutture fisiche, competenze digitali e acquisizione di servizi innovativi che impattano su sanità, mobilità e manifattura. Voglio ricordare – conclude Valeria Fascione – che la Campania è tra le prime regioni italiane per diffusione della Banda Ultra Larga”.
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L’Italia cresce se il Sud conosce una forte ripresa economica: “è fondamentale – dice Lucia Fortini, assessore regionale Scuola e Politiche sociali – che il Mezzogiorno torni ad essere una priorità nell’agenda del Governo: più investimenti, risorse e politiche di crescita mirate per il Sud. Occorre recuperare il gap di infrastrutture materiali e immateriali: se non si colma questo divario è inutile qualsiasi step successivo”.
Per l’assessore è necessario puntare sulla scuola, “la prima infrastruttura, materiale e immateriale assieme, su cui si misura l’indice di sviluppo di una nazione. Dove c’è un sistema dell’istruzione pubblica che funziona, c’è maggiore benessere, coesione e una società più giusta e inclusiva. Per questo – conclude Lucia Fortini – in Campania abbiamo puntato sulla scuola, investendo centinaia di milioni per l’edilizia scolastica e, attraverso il progetto Scuola Viva, tenendo aperti, tutto il giorno e tutto l’anno, gli istituti, per farli diventare punto di aggregazione per studenti e famiglie”.
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Il Mezzogiorno è un asso nella manica per l’Italia e l’Europa. “Siamo una piattaforma culturale, economica, logistica che si estende nel Mediterraneo che lega Nord e Sud Europa, Est ed Ovest – dice Alessandra Clemente, assessore alle Politiche Giovanili del Comune di Napoli -. Siamo un luogo di produzioni di talenti e menti, di giovani, esperienze sociali e politiche non scontate. Il Sud ha tante criticità irrisolte da tempo. Certamente bisogna porre un freno all’emigrazione dei laureati e dei giovani con maggiori competenze. Si badi bene, non sono contraria ad esperienze all’estero; anzi, ogni giovane dovrebbe passare almeno 3-5 anni all’estero per imparare una lingua, essere cittadini europei, diventare glocal cioè fieri uomini e donne del Sud ma capaci di interpretare e sfruttare le opportunità offerte dalla globalizzazione. È tuttavia fondamentale creare le condizioni per il loro ritorno e stabilizzazione al Sud. Inoltre, lavorerei su un corretto utilizzo dei fondi europei anche favorendo una rappresentanza unitaria delle esigenze del Sud, a Roma ed in Europa. Non si può infine trascurare una lotta alla criminalità organizzata che inquina la società ed i valori del vivere civile, distruggendo anche l’economia sana. Infine, propongo un’opposizione alla subcultura populista che si abbatte nei confronti delle genti migranti che – soprattutto per un’area a rischio spopolamento come il Sud – sono invece una risorsa enorme”.
Per la Clemente sono numerosi i settori su cui puntare: i distretti high-tech, la formazione di qualità ed il turismo. “Abbiamo al Sud eccellenze come i distretti aeronautico e farmaceutico di Napoli, l’ICT nel catanese o l’aeronautica pugliese – aggiunge l’assessore – che hanno trend di crescita importanti e grossi tassi di export. Inoltre, tali poli e le grandi aziende presenti possano fare da driver, attrattore e volàno per i rispettivi territori, creando ulteriori iniziative di impresa, attraendo investimenti e facendo leva sui talenti locali ed in arrivo da altri Paesi. Le istituzioni devono fare la propria parte fornendo opportunità, chiarezza, servizi e promuovendo il territorio presso grandi gruppi che possono creare al Sud propri insediamenti; pensiamo a quanto l’Apple Academy sta facendo a tutta l’area est napoletana”. Per il rappresentante di Palazzo San Giacomo il sistema Universitario campano, l’Università della Calabria, il Politecnico di Bari, gli Atenei siciliani e l’Università di Sassari presentano eccellenze indiscusse in diversi campi scientifici ed umanistici. Intere aree del Sud e le grandi città possono divenire catalizzatori di studenti dalle rispettive regioni che spesso lasciano il Sud per il Nord, attraverso il miglioramento dell’offerta abitativa convenzionata per studenti, favorendo i legami con l’industria e la nascita di imprese high-tech, imprese sociali/no profit e giovanili. Il Sud deve diventare il luogo della formazione di qualità delle genti del Mediterraneo”.
Infine il turismo, valorizzato attraverso la gestione del territorio, il decoro urbano e civile, il rispetto dell’ambiente, la difesa delle proprie radici, la promozione delle produzioni locali e delle eccellenze alimentari. “Tutto questo significa creare impresa – conclude la Clemente -: dai trasporti ai servizi alberghieri, dalla ristorazione ed ai percorsi eno-gastronomici al turismo sportivo, dalla musica al turismo religioso, dall’export del Made in Sud all’incremento dell’efficienza produttiva di intere filiere. E soprattutto a Sud vi è un modo di vivere autentico e passionale: il motto del turismo ‘Live not only visit the South’.
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Per Svimez anche nel 2016 il Mezzogiorno ha consolidato la ripresa con una performance ancora superiore rispetto al resto del Paese. Permane un forte divario tra Nord e Sud che frena la possibilità di una crescita economica più forte dell’intero sistema Paese. “Emblematico – sottolinea Enrico Panini, assessore comunale a Bilancio, Lavoro e Attività economiche – è l’esempio di Napoli: semplicemente per la sua dimensione, la traiettoria di sviluppo della città e della sua area metropolitana influenza la traiettoria di sviluppo dell’Italia in misura molto rilevante”.
La principale criticità da superare, secondo l’assessore, è il disinteresse che ha contrassegnato numerosi governi che nei fatti non hanno mai disegnato un progetto strategico per il Mezzogiorno: “una delle principali cause del divario Nord-Sud, ossia la minore dotazione infrastrutturale – dice Panini -, è ascrivibile alla mancanza di una efficace programmazione della spesa pubblica da parte delle amministrazioni centrali e regionali”.
“Città come Napoli – conclude l’assessore – non vogliono più essere considerate i luoghi in cui si manifesta lo sviluppo economico, bensì i luoghi in cui lo si genera. Quindi è più importante soffermarsi sulla metodologia da seguire e sui fattori che determinano lo sviluppo. Ciò potrà avvenire solo se saranno impostate precise scelte politiche”.
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GIORNALISMO
Il Mezzogiorno è abitato da più di venti milioni di persone. “Basti pensare a questa cifra – sottolinea Antonello Perillo, Caporedattore Centrale TGR Campania – per comprendere come sia inevitabile che l’Italia tornerebbe a crescere se ripartisse l’economia del Sud”. Per Perillo la principale criticità da superare è la fuga dei giovani. “Vanno via in tanti, troppi – prosegue -, che spesso fanno la fortuna delle regioni del Nord e delle aree più avanzate del pianeta. Ma so bene che se non c’è lavoro o se si è sottopagati sia quasi inevitabile andare via”.
“Il primo settore su cui punterei è la cultura – conclude Perillo -. Qualcosa si è timidamente fatto negli ultimi anni, ma non basta. Secondo la Svimez, se si investisse in cultura l’occupazione al Sud crescerebbe di circa 200mila unità, di cui 90mila laureati.”
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Per Antonio Sasso, direttore del Roma, è prioritario il rilancio delle infrastrutture, che significa modernizzazione di porti, aeroporti, costruzione di collegamenti viari rapidi, indispensabili per sollecitare investimenti, dotare il territorio di strade idonee a soddisfare anche le esigenze dei mercati nel rapportarsi con le necessità dell’economia globale. “Così il Sud – sottolinea Sasso – potrebbe diventare una piattaforma logistica mondiale nei traffici commerciali tra Europa e mare aperto, verso le rotte dell’Oriente e Afroasiatiche”.
Secondo il direttore del Roma la criticità da superare è quella endemica, cronica del Mezzogiorno, “che ha rappresentato poi – dice – il comodo alibi per chi si è rassegnato a tali carenze: a cominciare dai politici, dalle istituzioni comunali e soprattutto regionali, che invece di programmare opere fondamentali hanno preferito continuare a finanziare gli interventi a pioggia, progettualità non mirate ma spesso erogate solo per avere consensi. Anche sprecando fondi europei per progetti di ‘sponda’, non strategici e organici a un serio rilancio”.
“Un seria e concreta crescita competitiva del Sud – conclude Sasso – può aversi con la promozione di una risorsa tradizionale come l’agricoltura. Occorre ricordare che il Mezzogiorno, alla fine degli anni Ottanta poteva vantarsi di avere la Sme, il più grande polo agroalimentare d’Europa, svenduto a spezzatini dall’Iri di Prodi nelle prime irresponsabili dismissioni di enti parastatali: fu così che una ricchezza divenne impoverimento per il Meridione e arricchimento ulteriore del Nord. Naturalmente vanno potenziati il turismo e i Beni culturali, di cui siamo ultra dotati, senza smantellare i tradizionali centri industriali, ma rendendoli più sostenibili sotto il profilo ambientale”.
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“La leggera ripresa italiana – analizza Gennaro Sangiuliano, vice direttore del Tg1 Rai – è stata essenzialmente concentrata in due regioni, Lombardia e Veneto, dove ancora esiste un tessuto industriale diffuso. Per il resto a Sud dell’Emilia c’è il deserto, con qualche lodevole eccezione. Lo sviluppo dell’intero Paese dipende dalla ripresa del Mezzogiorno”.
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PROFESSIONI
Il Sud è ricco di risorse umane altamente qualificate e di cui il mercato ha bisogno. “A fine agosto – dice Paola Marone, presidente della Fondazione Ordine Ingegneri Napoli e del Centro formazione e sicurezza – sono state diffuse statistiche con dati record circa le immatricolazioni nelle facoltà scientifiche. Questo capitale umano è un tesoro che va valorizzato: va evitata la fuga dei cervelli. La Fondazione che presiedo ha promosso su questo tema nevralgico un confronto con imprenditori, docenti, intellettuali, da cui presto scaturiranno iniziative concrete”.
“Da ingegnere – prosegue Paola Marone – sono convinta che le attività connesse al mio settore abbiano ancora un grande futuro, anche per il ramo civile, malgrado esso venga ritenuto in crisi. Gli ingegneri sono chiamati a dare il loro prezioso contributo per la conoscenza del costruito, per il monitoraggio e la successiva manutenzione che garantisca la sicurezza di edifici e infrastrutture. Strategici anche gli interventi in un’ottica di progetto integrato per l’efficientamento energetico, per il recupero e il riuso di strutture dismesse”.
“La disponibilità – conclude il presidente della Fondazione – di incentivi fiscali come sismabonus ed ecobonus, possono e devono essere un volàno non solo per le attività professionali, ma anche per l’economia meridionale nel suo complesso. Opportunità sono racchiuse anche nel settore del turismo e della logistica”.
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Il Mezzogiorno può diventate strategico utilizzando bene e fino all’ultimo centesimo i fondi europei, fino a quando li avremo da un’Europa da cui ci stiamo irresponsabilmente isolando. “Certamente – afferma Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania – il Sud non sarà da traino ma questa è la prima cosa da fare per arginare il gap con il Centro-Nord ed essere competitivi nel Mediterraneo”.
Per il presidente dei giornalisti campani la principale criticità consiste nell’inesistente gioco di squadra del Sud: mentre al Nord – spiega – le regioni leghiste fanno asse, nel Meridione i tentativi sinergici – l’ultimo di Vincenzo De Luca sul lavoro a Villa Pignatelli – sono stati sporadici e senza risultati concreti”.
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“Il Sud – dice Antonio Areniello, presidente del Consiglio Notarile dei Distretti riuniti di Napoli, Torre Annunziata e Nola – può divenire strategico proprio perché attualmente parrebbe tagliato fuori dai processi decisionali. Valgano per tutti gli squilibri con il Nord evidenziati da ricerche statistiche che certificano difficoltà nelle condizioni di vivibilità, fughe di cervelli, esodi sanitari. Eppure da qui i nostri amministratori dovranno ripartire per colmare questi divari e concentrare l’attenzione sul Mezzogiorno, rendendolo perno di politiche innovative e di sviluppo che lo riportino fulcro strategico del processo evolutivo del sistema Paese”
Per Areniello la criticità sta in “una imbelle rassegnazione ad una subalternità che viene comunque smentita da iniziative straordinarie frutto del coraggio di chi investe sulle eccellenze, nonché nella grande attenzione internazionale suscitata dai nostri incubatori nei settori del progresso epocale”.
“La cura delle straordinarie bellezze naturali – conclude il presidente del Consiglio Notarile – costituisce volàno per lo sviluppo turistico, accompagnato da un rigoroso controllo del territorio e vigilanza delle procedure amministrative, per attrarre chi desidera puntare sul Mezzogiorno. Infine è necessario un grosso impulso al decisivo campo dell’edilizia, tanto nel nuovo quanto nella rigenerazione, settore nel quale la consolidata preparazione ed esperienza della categoria professionale che rappresento può offrire un significativo contributo”.
> di Francesco Bellofatto
con Andrea Grillo, Claudio Maria Lamberti e Raffaele Rinaldi