Rubrica “Narrare il Sud”: La Napoli ferita di La Capria
06 Maggio 2019
“Quasi una rovina, ma bellissima, al cospetto del mare”.
L’immagine più significativa di Napoli per Raffaele La Capria è la mole suggestiva e cadente di Palazzo Donn’Anna. All’antico edificio seicentesco lo scrittore dedica le pagine de “L’armonia perduta. Una fantasia sulla storia di Napoli” per raccontare il suo contraddittorio rapporto con la città. Donn’Anna è il luogo della memoria. La Capria ritorna nella sua casa, affacciata sul mare, per riannodare il rapporto con le sue origini, rievocare la sua infanzia, scavare dentro la ferita provando a medicarla. C’è l’infinita nostalgia di chi riconosce l’unicità irripetibile di un luogo. È, infatti, difficile trovare un’armonia più naturale tra un edificio e il paesaggio: “La pietra di tufo con cui è costruito, che si tinge di infinite variazioni col variare della luce, e la vicinanza azzurrina del mare in cui si riflette, lo inseriscono così bene, nonostante la mole imponente, nell’arco della costa, da farlo a volte, se lo si guarda da lontano, quasi scomparire, mimetizzato tra gli elementi del paesaggio”.
Un miracolo isolato nella città deturpata, negli Anni ‘50, da uno sviluppo urbano senza regole. Napoli ha così rinunciato all’armonia con la sua storia, la sua arte, il suo paesaggio: lo scrittore ricompone l’origine della sua rottura con la città e tenta con quest’opera, a metà strada tra narrativa e saggio, un atto di riconciliazione. La bellezza e al tempo stesso la decadenza di Palazzo Donn’Anna diventano testimonianza della profonda lacerazione interiore che inconsapevolmente prova a sanare attraverso la scrittura. E il tempo trascorso e futuro della sua vita si misura sui giorni contati nel mare che bagna Napoli: “Ormai i giorni dell’acqua chiara, quei giorni, sono finiti. E non solo perché il mare a Napoli non è più quello di una volta ma anche perché io non sono più quello di una volta e per me ci sono ormai soltanto i giorni dell’acqua torbida”.
> di Vincenza Alfano