Le dimore del barocco ai piedi del Vesuvio
24 Maggio 2019
Da Barra a Torre del Greco lo straordinario itinerario
dei Palazzi Nobiliari alla corte dei Re Borbone
Alle falde del Vesuvio si snoda un itinerario d’arte attraverso dimore aristocratiche realizzate in stile barocco napoletano. Nella prima metà del ‘700 Carlo III di Borbone e la regina Maria Amalia di Sassonia decisero di costruire la loro nuova residenza estiva a Portici. I sovrani furono subito emulati dall’aristocrazia partenopea che cominciò a far erigere una serie di ville nei pressi della reggia, dando vita al cosiddetto Miglio d’Oro. Delle ville vesuviane, 122 in totale, un tempo tutte riccamente decorate ed immerse in rigogliosi giardini, ben poche sono state preservate dall’incuria. La più sontuosa di esse è certamente Villa Signorini, che risale alla metà del XVIII secolo. La villa trae il nome da uno dei suoi ultimi proprietari, Don Paolo Signorini, titolare della ditta conserviera Cirio. Al confine tra Portici ed Ercolano, tra le ville vesuviane rappresenta una vera e propria rarità in quanto ha conservato pressoché invariate le planimetrie originarie. Il suo grande giardino, confinante con il parco della Reggia e delimitato da un suggestivo roseto in ferro battuto, è giunto a noi totalmente integro.
Villa Bruno e Villa Vannucchi
A San Giorgio a Cremano si trova Villa Bruno, dimora nobiliare, poi fonderia e vetreria, ed oggi maggiore polo culturale del Comune vesuviano: la struttura è a corpo unico di impianto settecentesco, ma lo stile decorativo è essenzialmente neoclassico. Il vestibolo ospita un busto di Giove e le statue di Bacco, Proserpina e Atena. Il piano nobile conserva ancora le originali porte rococò e le decorazioni ottocentesche. Poco distante troviamo Villa Vannucchi, edificata su progetto di Antonio Donnamaria, un architetto della scuola del Vaccaro. La dimora fu fatta costruire da Giacomo d’Aquino di Caramanico, in quanto Carlo III di Borbone aveva inglobato i possedimenti di famiglia a Portici per erigere la propria reggia, regalando in cambio un rarissimo albero di canforo, ancora presente, da impiantare nella loro nuova residenza. La villa è corredata da un giardino all’italiana con una monumentale fontana da cui si dipartono 14 viali alberati. Diversi studiosi hanno intravisto nelle geometrie architettoniche del giardino numerosi segni alchemici ed in effetti è noto che alcuni membri dei Caramanico appartenevano effettivamente alla Massoneria. La villa divenne molto frequentata dalla nobiltà napoletana ai tempi di Gioacchino Murat. Fu in questo periodo, infatti, che la dimora conobbe il suo maggiore splendore per via dei ricevimenti che il principe d’Aquino era solito offrire ai suoi ospiti.
Villa Campolieto e La Favorita
Ad Ercolano troviamo Villa Campolieto, fatta edificare nel 1755 da Lucio di Sangro, duca di Casacalenda, il quale affidò il progetto a Luigi Vanvitelli, alla cui morte gli subentrò il figlio Carlo. La villa ha una planimetria quadrangolare con quattro corpi uniti attraverso dei bracci che partono da una galleria centrale. Al suo interno sono conservati dipinti di Jacopo Cestaro e Fedele Fischetti. Su Corso Resina spicca la Real Villa della Favorita, progettata da Ferdinando Fuga su di un preesistente casino di caccia. La dimora apparteneva al principe di Iaci, ma Ferdinando IV di Borbone, innamoratosi di essa, se ne impossessò e la denominò “La Favorita” in ricordo della Villa a Schönbrunn di sua moglie Maria Carolina d’Austria. Nel 1799 la villa fu restaurata e il suo parco fu ampliato con un approdo per consentire l’accesso dal mare. Fu proprio qui che Ferdinando IV, dopo la caduta della Repubblica Napoletana, sbarcò rientrando da Palermo il 27 giugno 1802. Il re donò la villa al suo secondogenito Leopoldo, principe di Salerno, che la ingrandì con scuderie e depositi, ma soprattutto la riempì di preziosi modellini giocattolo (esposti al Palazzo Reale di Caserta) ed intrattenimenti allora in voga, resi accessibili ai sudditi nei giorni di festa.
Palazzo Vallelonga e Villa delle Ginestre
Giungendo a Torre del Greco, degno di nota è il Palazzo Vallelonga. Fatto costruire nel 1600 da don Lelio Castiglione Morelli Marchese di Vallelonga, in origine era stato concepito come una grande masseria costituita da alcuni piccoli corpi destinati sia ad abitazione sia alle lavorazioni agricole e al ricovero degli animali. Il terremoto del 1794 danneggiò seriamente il fabbricato che venne abbandonato per lunghi anni. La Banca di Credito Popolare acquistò nel 1982 ciò che restava del Palazzo Vallelonga realizzandone la parziale ricostruzione e il totale restauro grazie alla collaborazione con il Prof. Roberto di Stefano e al ritrovamento di documenti che hanno permesso la ricostruzione della memoria storica del palazzo. Oggi è sede della Direzione Generale della Banca di Credito Popolare. Famosissima in tutto il mondo è Villa delle Ginestre. Meno nota come Villa Carafa-Ferrigni, deve la sua popolarità al fatto di aver ospitato il poeta Giacomo Leopardi che proprio qui compose la lirica “La ginestra”. La dimora si distacca per molti canoni dalle altre ville vesuviane: posta alle falde del Vesuvio, la villa appare al primo sguardo più rustica ed agreste rispetto alla concezione di dimora estiva del tempo ma, proprio per questo, inserita perfettamente nel suo contesto paesaggistico. Edificata sul finire del 1600 per volere del canonico Simioli, la villa nei secoli ospitò spesso personalità di spicco della cultura napoletana, tra cui Bernardo Tanucci e Luigi Vanvitelli, il quale realizzò il disegno della scala che dal piano terra conduce al piano superiore. Fu il pronipote del canonico, Giuseppe Ferrigni, a mettere a disposizione di Leopardi la dimora, credendo che il clima mite potesse giovare alla sua salute cagionevole. Nel 2012 ne è stato completato il restauro da parte dell’Università di Napoli Federico II, conservandone l’arredo originario, il letto in ferro battuto e altri oggetti appartenuti al poeta recanatese.
> di Aurora Rennella