Vomero, quelli di sopra e quelli di sotto
01 Agosto 2019
Napoli è una città verticale, si sale e si scende, ma non tanto.
Non tanto, perché quelli che stanno sotto si spostano più volentieri in orizzontale e quelli che stanno sopra restano sopra più volentieri, attaccati come la cozza allo scoglio. Gli abitanti di Chiaia, adagiati sulla costa, da Capo Posillipo a Piazza Vittoria veleggiano da quelle parti e il loro “centro” è l’ottocentesca Via dei Mille, e arrivare al Vomero per loro è ‘na mazzata ‘nfronte.. Quelli del centro vero, hanno tutto a portata di mano, mo avess’arriva’ nfino ‘o vommero? No, girano tra i Quartieri Spagnoli, i Decumani, sciamano al “Rettifilo” (per i non Napoletani Corso Umberto) e nuotano bellamente a Toledo, alla Sanità, al Museo, a Santa Teresa, a Forìa.
Quando uno di giù deve andare su dice “vaco ‘ngopp’o Vommero”, i Vomeresi, come è ormai noto a tutti dicono “scendo giù Napoli”, locuzioni che rendono chiaro il senso della piccola trasferta e della sottile sensazione di sgomento che “il viaggio” comporta.
Poi c’è il regno di mezzo: il Corso Vittorio Emanuele, che si snoda da est a ovest a mezza costa ed è intersecato da tanti capillari che cuciono il sopra con il sotto: Calata San Francesco, Pedamentina di San Martino, Salita Cacciottoli, salita Sant’Antonio ai Monti, salita del Petraio, salita Santa Maria Apparente. Se si contano le funicolari poi, si capisce bene che non ci sono impedimenti effettivi, geografici o urbanistici che ostacolino l’osmosi fra quelli di sopra e quelli di sotto, è più un fatto antropologico, storico.
Il Vomero è in fondo un quartiere relativamente recente, prima del Novecento c’erano pochi insediamenti urbanizzati, per lo più si trattava di una collina verde e lussureggiante; quelli del Vomero erano i mangiatori di vruoccoli e non di maccaroni come il resto della città: in collina i contadini, sulla costa i pescatori. Poi il quartiere è diventato popoloso, lindo e borghese. Oggi è il posto più organizzato della città, forse per questo le belle signore che lo abitano, sempre “linde e borghesi” hanno difficoltà ad abbandonarlo anche per mezza giornata.
Perciò è letteralmente di δυσκρασὶα (cattiva mescolanza) che stiamo parlando.
Caro Vomerese, cara abitante di Chiaja nun facite chiù e restivi, come diceva il nostro padre Totò, e salite insieme su quella gigantesca stella cometa che domina la nostra città e da secoli guarda scorrere le nostre vite, affacciatevi dagli spalti di Castel Sant’Elmo, di là potrete constatare coi vostri occhi, che niente ci separa, che stiamo tutti insieme appassionatamente aggrappati allo stesso vecchio, meraviglioso pezzo di terra, a guardare lo stesso mare.
> di Floriana Tursi