Rurbica “narrare il sud”: Striano, il resto di niente
02 Agosto 2019
“Provò impulso tenero. Così, senza motivi. All’apparizione del semplice, sereno paesaggio”. Napoli. La vediamo subito attraverso gli occhi della giovane Eleonora Pimentel Fonseca. La vicenda dell’eroina della Repubblica Partenopea del 1799, magistralmente narrata da Enzo Striano ne “Il resto di niente”, è l’accesso alla Napoli settecentesca percorsa dal fremito rivoluzionario dell’Età dei Lumi. Napoli è dunque per Striano innanzitutto l’emozione del suo paesaggio. “Quella laggiù, dunque, quel vasto presepio di luci sparse tra macchie di alberi dalle colline al mare, quell’immota distesa di acqua nel grembo fra edifici e monti, in cui il Vesuvio verberava fuochi e le case barbagli d’oro vecchio, era Napoli”.
Arrivano poi le voci e quel clamore che tanto colpì i viaggiatori che, da Goethe a Stendhal, ne scrissero nei loro diari di viaggio. “Man mano si avvicinavano al posto di dogana, traffico e clamore aumentavano. Ormai un inferno di carri contadini, tra i quali si dibattevano carrozze di signori in tricorno e parrucca, dame ben vestite”.
Nelle sue passeggiate Lenòr fa un’attenta ricognizione di quella ci à che le appariva così diversa da Roma. Striano è bravissimo in una descrizione che impegna tu i i sensi. Alla visione del paesaggio, al clamore delle voci, si aggiungono gli odori e le sensazioni tattili. “Al Mercato andarono un’arida mattina d’estate. Si sudava, s’ansava. Costeggiarono muriccioli lungo una spiaggia pulverulenta, tanfosa d’orina, pesce morto, immondizia… (…) Anche qui chiasso, brulichio di gente che caricava, scaricava, nella spiaggia aspettavano carretti, somari dai basti enormi, facchini scalzi e impolverati, Pulviscolo so ile, dall’odore strano, come d’orzo acidulo, si ficcava so o gli abiti, inaridiva i capelli”.
Ma Napoli è sopra u o la somma delle sue contraddizioni. “Napoli sembra aver dimentica- to tu o. La temperatura è mite e, nonostante si sia entrati in ventoso, per la ci à non vola un soffio; forse qui bisognerebbe modificarlo il calendario repubblicano, che è nato in Francia, dove il clima è diverso”. La ci à non è pronta alla rivoluzione, gli interessi concreti del popolo tengono distanti i lazzari dai patrioti. La Repubblica Partenopea è destinata a una vita breve. Sono contati i giorni dei rivoluzionari.
Costre a all’estremo commiato, Lenòr “alza gli occhi verso il mare, che s’è fa o celeste te- nero. Come il cielo, come il Vesuvio grande e indifferente” e ancora si lascia commuovere da quell’impulso tenero che aveva provato, tanti anni prima, all’apparire del semplice, sereno paesaggio. Per l’ultima volta.
> di Vincenza Alfano