Varcaturo, la Long Island partenopea
28 Ottobre 2019
Magnificata da Scott Fitzgerald ne Il Grande Gatsby, la lunga isola di centonovanta chilometri a est di New York è il buen retiro della piccola e media borghesia di Big Apple.
La lunga teoria di auto che la sera si dispiega verso le villette si può vedere a occhio nudo dagli aerei: è la fuga dalla metropoli tentacolare e fumosa. Le stesse code che si vedono al tramonto sulla nostra tangenziale, dirette verso il litorale nord. Negli ultimi trent’anni ci siamo inventati anche noi la nostra piccola Long Island. Negli anni del post-terremoto ‘80 il caos determinato dal traffico delle strade chiuse faceva impazzire i napoletani, con la gente che per non perdere il posto del parcheggio non toccava l’auto per anni.
Si narra del ragionier Colasterza Emidio che una sera del 1983 circumnavigò il Vomero tutta la notte per cercare un parcheggio mentre la moglie lo aspettava al semaforo e gli passava i viveri col rosso, ma non poté passargli un bicchiere di vino perché dalle 22 in poi il semaforo diventava giallo lampeggiante.
E la carenza di alloggi, che faceva lievitare i prezzi delle case, nonché degli affitti, vide una migrazione dalla città a raggiera. Il ceto più povero si diresse nell’entroterra e nelle fasce di periferia suburbana, dove gli alloggi avevano prezzi discreti. La piccola e media borghesia invece trovò piacevole approdo a Varcaturo, dove le case di villeggiatura venivano dismesse per l’inquinamento del mare e rivendute a prezzi bassi.
Spesso chi arrivava comprava la nuda proprietà, ma non in senso di usufrutto, no compravano case a cui erano rimasti solo i pilastri perché nell’abbandono vi era stato rubato di tutto. Furono anni di piacere per gli impresari edili, i terreni agricoli diventavano edificabili ope legis, bastava delimitarli e costruirci sopra, un po’ come nell’ovest americano dei primi dell’800 e i terreni del demanio pure, roba del governo? Roba nostra. Lentamente, però, è nata una comunità di brava gente, a destra e sinistra della via Ripuaria che da Qualiano, dritta come un fuso, costeggiando i Regi Lagni Borbonici, arriva fino al mare. Sulla strada una vera e propria promenade all’americana, con un brulicare di negozi dove ci si può rifornire di tutto, con miriadi di pet shop e ferramenta, perché le villette con prato verdissimo all’inglese hanno cani a protezione e bisogni di manutenzione continua: il mare a duemila metri brucia vernici come un cavallo le carrube.
E giusto al centro della Neapolitan long Island, un delizioso avamposto culturale, La Libreria di Livia De Maio Pironti, figlia della mitica Wanda di Port’Alba, e di suo marito Francesco Gambardella, dove i libri sono quasi un pretesto per un’attività sul territorio di associazionismo, Info Point Turistico, sede di Servizio Civile per i ragazzi della Pro Loco locale e promozioni sociali.
In fondo da Varcaturo a Long Island mancano solo settemila chilometri, la strada è il 41° parallelo, e con un telescopio si potrebbero vedere Paul Mc Cartney e Steven Spielberg, che hanno casa lì.
Di Francesco Di Domenico