Premio Napoli, cultura come impegno
31 Ottobre 2019
Crede nella cultura militante, cultura come impegno, riscatto dalle emergenze economiche e sociali, Domenico Ciruzzi, Presidente della Fondazione Premio Napoli, che organizza e cura l’omonimo premio. Uno dei più antichi e illustri della città partenopea. Ciruzzi ne ha fatto un laboratorio culturale permanente che opera in sinergia con le forze migliori del territorio. Il lavoro della Fondazione non inizia né finisce con la selezione dei finalisti e l’assegnazione del titolo ma si dilata da un anno all’altro in una serie di attività con lettori di tutte le età e un occhio particolare alle scuole. Dibattiti, presentazioni di libri, laboratori di scrittura con detenuti e minori a rischio. Ogni occasione viene messa al servizio della comunità di quella che Ciruzzi definisce una città straordinaria.
La sede della Fondazione, nel Palazzo Reale, è tirata a lucido. Sono appena finiti i lavori di ristrutturazione da lei fortemente sollecitati.
Quando mi sono insediato come Presidente, avevamo una sentenza di sfratto. Mi sono battuto perché la Fondazione restasse in questo luogo fortemente simbolico, al centro della città e con una serie di interconnessioni virtuose con quartieri periferici e a rischio. Abbiamo ottenuto un contratto di fitto ventennale e oggi la sede vive nuovi fasti. Ci siamo assunti il compito di portare il Premio nelle periferie ma allo stesso tempo i lettori devono venire qui per poter fruire di un pezzo di storia. Ho voluto una guida rossa che accoglie e accompagna i lettori dall’ingresso alla sala centrale. È un segno di apertura alla città.
Cosa è cambiato dalla sua nomina a oggi?
Da subito ho detto e ribadito che questo non sarebbe stato un salottino elitario ma un laboratorio culturale autentico. Negli anni ho sentito crescere un clima di grande fiducia intorno a me. Stiamo costruendo una comunità che sente l’esigenza di esprimersi sul piano dell’impegno civile perché la cultura non deve, non può, essere neutrale. Altrimenti non è cultura.
Un Premio dunque particolarmente attento agli scrittori “impegnati”. Se ancora si può usare questa etichetta.
Proprio così, infatti, nella scelta delle terne sono favoriti gli autori che raccontano la contemporaneità.
E i nuovi talenti? Quale spazio gli autori emergenti possono sperare di conquistare?
Non è sempre facile intercettare i nuovi talenti. Occorre una lettura rigorosa di tutti i testi ma anche una sensibilità particolarmente attenta alle nuove forme che la scrittura sta assumendo. Proprio per questo motivo ho fatto modificare lo Statuto, prevedendo, dal prossimo anno, l’ampliamento della giuria tecnica da 15 a 20 membri. Nuove forze – antenne sensibili – per selezionare giovani talenti o scrittori emergenti. Diventa anche questo un obiettivo tra quelli prioritari del Premio.
Ottimismo, fiducia e impegno. Potrà la cultura salvare Napoli?
Noi la salveremo. Io sono ottimista ma deve esserci una cultura della generosità: chi ha di più, deve dare di più. Occorre favorire un incontro tra i due mondi della periferia e del centro, tra proletariato e aristocrazia. La borghesia napoletana ha il dovere di tendere una mano, aprire i salotti, scendere in strada, mettere a disposizione di tutti strumenti culturali. La Fondazione è pronta a scendere in campo attivando laboratori per l’infanzia e l’adolescenza. Ma io ambisco a qualcosa di più: bisogna creare una rete di solidarietà aprendo le case. Se questo si realizzerà saremo salvi tutti.
> di Vincenza Alfano