Chi “Magna” campano cresce sano e va lontano
09 Marzo 2016
Nel centro storico di Napoli, e più in particolare nella suggestiva cornice del Complesso monumentale di San Domenico Maggiore, è andata “in scena” Magna (l’acronimo sta per Mostra Agroalimentare Napoletana), mostra delle eccellenze agroalimentari made in Napoli e forma inedita di esposizione interattiva della cucina partenopea che, sulla scia dell’ Expo 2015, ha proposto per oltre quattro mesi un nuovo modo di studiare, conoscere e amare il cibo.
Magna è stata un vero e proprio itinerario attraverso le eccellenze enogastronomiche campane.
A cominciare dalla location, essa stessa la prima delle eccellenze che si sono presentate agli occhi dei visitatori: a fare da palcoscenico alla mostra ideata e curata dall’architetto Marco Capasso, prodotta dall’associazione “Guviden – I semi dell’amore” e realizzata in collaborazione con il Comune di Napoli, è stata la splendida chiesa di San Domenico Maggiore.
La rassegna narra la storia e le caratteristiche scientifiche e sociali di una delle cucine più famose al mondo e tra le più antiche, che ha almeno tremila anni di vita. L’intento è stato quello di valorizzare il territorio regionale e le sue vivande, raccontare le tradizioni attraverso la tavola, far conoscere le origini di una pietanza prima ancora di gustarla. Un tributo al cibo partenopeo che vuole essere non soltanto multimediale, ma anche del rispetto di quei valori identitari che portiamo dall’orto alla pentola, dai prodotti tipici alle ricette antiche e moderne, esaltando la dieta mediterranea, simbolo delle nostre terre e del nostro mangiare sano, in contrasto alla globalizzazione imperante.
Il pubblico si è trovato così di fronte a una straordinaria mostra interattiva con l’obiettivo di affrontare il tema dell’agricoltura e della gastronomia napoletana dal punto di vista storico, scientifico e social, sviscerando le tante curiosità degli amanti del buon cibo.
Tra le antiche pareti di San Domenico, al visitatore è stata dunque proposta un’esperienza sensoriale a tutto tondo: annusare, toccare, assaggiare, scoprire sapori e profumi, aneddoti e curiosità delle pietanze antiche della tradizione campana.
Ciò che mangiamo quotidianamente nasconde una grande ricchezza che Magna ha condiviso con tutti.
I bambini hanno potuto giocare ed imparare con gli exhibit interattivi; studenti e insegnanti hanno avuto la possibilità di confrontarsi con inaspettati approfondimenti e chiavi di lettura interdisciplinari.
Scienza e cibo del resto è un binomio che sempre più diventa inscindibile. Feuerbach diceva: “Siamo ciò che mangiamo”: oggi questo è ancora vero, ma significa soprattutto che è la nostra salute a dipendere da ciò che mangiamo.
La mostra ha coniugato ai piaceri del piatto un elevato profilo scientifico. Agronomi, antropologi, chimici, sociologi, agricoltori, cuochi, gastronomi e nutrizionisti hanno lavorato compatti alla accurata descrizione delle pietanze per fornire un ventaglio di informazioni più completo possibile al pubblico curioso con un occhio critico però ai temi del mangiar sano e della sostenibilità ambientale.
E non finisce qui. In Italia il cibo è eccellenza, e occuparsi di cibo vuol dire parlare di piacere e tradizione, di cultura e tecnologia ma, anche di economia, investimenti a lungo termine e aziende. Un approccio lungimirante al tema dell’alimentazione è necessario, in un mondo nel quale l’esigenza di sfamare un numero sempre crescente di persone deve conciliarsi con la qualità del cibo da un lato e la tutela del pianeta dall’altro.
La mostra ci ha ricordato che dietro ogni piatto c’è una storia: chi ha coltivato le materie prime, il modo in cui queste sono arrivate dall’agricoltore alla fabbrica, come sono state conservate mentre il prodotto passava dalla fabbrica al consumatore. E poi, ancora, l’approccio con il sapore: come e perché la ricetta della tradizione è stata conservata o modificata per adattarsi alle moderne esigenze nutrizionali. Insomma, cibo ma non solo.
Magna ha affrontato un argomento complesso con passione e approfondimento, ma anche in modo leggero, secondo quel modus conviviale tanto caro alla nostra terra.
Ricchissimo è stato il calendario di eventi che ha avuto luogo in questi mesi, dai week-end degustativi alle serate musicali, dai convegni alle presentazioni di libri, fino alla raffinata mostra d’arte personale contemporanea dedicata al food a cura del maestro Ernesto Tatafiore.
Ben cinque le sale allestite nelle quali è stato possibile immergersi, cominciando dove tutto ha origine: dalla terra, con un piccolo orto e un agrumeto nel quale, annusando arance e rosmarino, si abbandona il caos cittadino per concedersi in un delizioso sogno bucolico.
E subito si passa dal campo alle botteghe: l’antica tradizione artigiana e contadina combinata nell’arte di fare la spesa, il mercato che diventa museo, clip multimediali che raccontano il fascino dei mestieri antichi sopravvissuti nei mercati napoletani e fanno da sfondo a nove banchi presepiali, eccellenza indiscussa dell’artigianato partenopeo, realizzati dai maestri Di Virgilio e Ferrigno.
Magna ha poi aperto le porte della cucina: fatta la spesa, bisogna infatti conservare le pietanze e portare in tavola la tradizione. Ai visitatori è stato concesso così di curiosare in dispense multimediali e studiare ricette antiche e inediti accostamenti di sapori. Menù stagionali sono stati proposti per ogni giorno della settimana e per ogni festività, e per ogni piatto con l’irrinunciabile giusto vino.
E poi il mangiare con gli occhi. Il cibo è arte, il cibo con l’arte e il cibo nell’arte. Nel grande refettorio del complesso è stata allestita una selezione di dipinti, moderni e contemporanei, della scuola napoletana nei quali la Campania Felix e i suoi prodotti sono protagonisti.
Un successo annunciato. Dallo spettacolo Show Food, inedito format di Nartea che ha incantato turisti e locali con una esibizione che ha sapientemente coniugato arte e musica, teatro e cibo grazie alla presenza di un nutrizionista, un cuoco e un sommelier insieme ad una band musicale, fino alle degustazioni di caffè, torrone e babà e alle lezioni di maestri pasticcieri come Sirica e Cautiello di Scaturchio.
L’associazione culturale “Guviden – i semi dell’amore”, presieduta da Vincenzo De Notaris, è stata così genitrice di una iniziativa di valorizzazione dell’ambiente, della natura e dell’arte. Ha piantato un altro seme, che ha prodotto e produrrà frutti ricchi di tradizione e di progresso.
Nessun palcoscenico sarebbe stato evidentemente più adatto, per il progetto Magna, del cuore antico di Napoli, luogo in cui il binomio arte e cibo è sempre stato protagonista eccellente di una cultura in cui “il mangiare” è sinonimo di tradizione e di amore.