Allarmi ma non allarmismi: una prassi per una buona informazione
02 Maggio 2020
[N.B. : il seguente Articolo è stato redatto agli inizi del mese di Febbraio; prima che il Virus diventasse pandemia mondiale e fosse dichiarata emergenza globale]
Negli ultimi mesi, l’attenzione dell’opinione pubblica è stata monopolizzata dall’epidemia influenzale del nuovo coronavirus (2019-nCoV ) che ha flagellato la Cina. Il clamore mediatico a riguardo ha avuto un pathos notevole, diffuso indifferentemente da tutti i media senza alcun riferimento scientifico e senza filtro sono state somministrate ad un opinione pubblica attonita e hanno bersagliato il nucleo profondo dell’angoscia interiore.
Inevitabile mi torna alla mente “il caso Bibbiano” i demoni che rapivano i bimbi alle famiglie, anche allora l’informazione ci ha precipitato nella paura, l’emozione che sovrasta il criterio logico. Ricordo la mia angoscia davanti alle notizie dei TG che parlavano di bambini manipolati dai servizi sociali allontanati coattivamente da casa propria dalla magistratura. Solo in un secondo momento con uno sforzo volontario mi è tornato alla mente il mio lavoro di medico radiologo di Pronto soccorso con il compito istituzionale di individuare “ scoprire” i segni del maltrattamento fisico in pazienti che negano la causa delle loro lesioni. Nello specifico, i bambini sono inermi, fragili e solidali con i loro familiari, il distaccato dato statistico ci dice che il 90% dei maltrattamenti dei minori avviene all’interno delle mura famigliari; e ho provato un sentimento di repulsione, rifiuto di quelle informazioni manipolate, condizionate da obiettivi diversi, opposti al dovere primario dell’informare e l’orrore di quello che può causare il giornalismo deviato. Naturalmente non voglio e non posso entrare nel giudizio dei fatti di Bibbiano non ne sono a conoscenza, ma so che il dovere del giornalista è quello di raccontare la notizia così come essa è, non in maniera unilaterale e di parte, soprattutto in questioni così delicate e complesse.
Il raffronto è lampante a mio avviso, di nuovo l’informazione bersaglia il nucleo della “paura”, le immagini del popolo cinese stretto nella morsa dell’epidemia ci bersagliano quotidianamente, ci dislocano in quella realtà e fanno prevalere l’angoscia su qualsiasi altro criterio. Il risultato è, ovviamente, la scomparsa dei clienti da tutte le attività condotte da persone di origine cinese, il rifiuto delle merci di provenienza da quel paese e l’inutile psicosi per l’utilizzo della mascherina antivirus.
I dati oggettivi però sono altri, in Italia, il Covid-19, così battezzato il nuovo coronavirus, ha causato un numero di decessi non allarmante, il grande dolore per le persone decedute non deve oscurare il dato statistico, l’indice di mortalità di Covid in Italia è pari allo 0,3% nei pazienti curati in ospedale inferiore a quello della Sars del 2008, ha una contagiosità di 1 (il morbillo ad esempio oscilla tra 7 e 9). All’inizio del mese di febbraio (fonte Epicentro dell’ISS tramite Influnet), si stimavano 234 casi di decessi causati per l’influenza stagionale e ancora 3.700.000 casi di influenza sono stimati in Italia secondo l’OMS, con relativo impatto di costi diretti e indiretti. Di questo, però, non si parla.
Come afferma Mario Raviglione, direttore del programma globale contro la tubercolosi dell’OMS, si tratta di “bolle mediatiche” e silenzi assordanti: la TBC in Italia, purtroppo, provoca 4000 nuovi casi all’anno e si registra ogni 4/5 giorni il decesso di persone per le epidemie di Ebola, Sars, Suina, e Avian Flu, epidemie attenzionate da i media.
Un’ informazione corretta e appropriata, oltre al controllo delle fonti di provenienza delle notizie, dovrebbe dare informazioni sulla letalità e morbilità del virus, ovvero l’indice di mortalità e contagiosità. Aumentare semplicemente l’attenzione e la consapevolezza della popolazione sui virus e batteri respiratori “quotidiani”, ricordare le misure di prevenzione basilari, ovvie ma spesso cancellate dal panico, per evitare il contagio.
La regola regina che ha cambiato la storia della chirurgia: lavarsi le mani con accuratezza dopo ogni frequentazione pubblica, non toccare con mani sporche naso occhi e bocca, canali di possibile trasmissione dei virus, vaccinarsi quando sono disponibili i vaccini adeguati.
Non si tratta di pratiche astruse, costose o difficili da reperire o con gravi controindicazioni. Allora, perché non dare una buona e corretta informazione?
> di Patrizia Oresta
Dirigente in Radiologia pediatrica