Napoli cine caput mundi
05 Maggio 2020
Excursus nella cinematografia partenopea
Che Napoli sia stata culla di momenti storici e culturali fondamentali … è cosa nota. Oggi Napoli è forse il maggior polo di attrazione dell’industria cinematografica italiana grazie a una ben strutturata e appassionata politica sul territorio resa possibile dal lavoro della Campania Film Commission che in questi anni ha saputo gestire magnificamente i circuiti cinematografici italiani e anche esteri, facendo della città un polo di attrazione centrale nell’immaginario filmico di tanti registi e autori. Oggi Napoli è il più grande e importante set d’Italia, la nuova Cinecittà a cielo aperto. E non solo Napoli, ma tutta la regione Campania. Certo la città di Napoli, quale snodo nevralgico di diffusione culturale internazionale non nasce certo in questi ultimi anni di grande cine-euforia (dalla musica di ogni genere, al teatro, alla letteratura e all’arte ed a tutte le forme maggiormente autoctone legate all’humus culturale stratificato del territorio), ma il rigoglio di un nuovo cinema, legato ad essa, è innegabile ed è oggi un fiore all’occhiello per tutto il cinema italiano. Nel cammino evolutivo verso tale risultato l’excursus prevede talmente tanti testi e sottotesti da rendere impossibile poterli abbracciare tutti. Basterà pensare che proprio ad opera di un regista campano, Gennaro Righelli, avrebbe visto la luce La canzone dell’amore (1930), la prima pellicola sonora del cinema italiano.
Di qui, si dipartono film seminali di raccordo tra cultura popolare-folk, commedia dell’arte, melodramma e vaudeville. Napoli si pone quale città all’avanguardia nella nascente industria cinematografica e, in modo del tutto controcorrente, lo fa grazie alla creatività e intelligenza di una donna: Elvira Notari che nel 1909, crea una pioneristica produzione cinematografica, la Dora Film.
Cinque anni prima, nel 1904, nasceva al Vomero quella che sarebbe divenuta uno dei colossi dell’industria cinematografica mondiale: La Titanus Film. Elvira Notari, regista e sceneggiatrice della maggior parte delle opere filmiche della sua produzione, pone la Dora Film, accanto alla Lombardo Film e alla Partenope Film, tra le maggiori compagnie a livello internazionale e, nel 1925 la esporta a New York con il nome di Dora Film of America.
Nel frattempo, la produzione cinematografica napoletana non si ferma, vede i debutti dei Fratelli De Filippo e di Antonio De Curtis, in arte Totò, si avvia a essere un importante set per i registi che avrebbero fatto la storia del Neorealismo quali Roberto Rossellini con Paisà (1946) o Vittorio De Sica con L’oro di Napoli (1954), vede l’uscita, sempre nel 1954, del cult ante litteram Carosello Napoletano (1954) di Ettore Giannini con Sophia Loren. Ma è negli anni Sessanta che il clima da ‘nouvelle vague’ che si respira nelle maggiori capitali europee investe anche Partenope. Appare sulla scena Ettore Giannini sul set del film O’ volo del 1947 e con lui scriverà Carosello Napoletano nel 1953, colui che ancora oggi rappresenta l’avanguardia del cinema d’inchiesta: Francesco Rosi. La profondità e l’acuta visione demistificata della società con pellicole seminali quali: Le mani sulla città (1963), il caso Mattei (1972), Lucky Luciano (1973), Cadaveri Eccellenti ( 1976), si inseriscono nell’ottica di una vera e propria ricerca cine-sociale senza precedenti nella storia del cinema. Saranno le pellicole volgarmente definite ‘di genere’ degli anni Settanta, nel pieno degli anni di piombo, a rivelare in un modo palese, gli intrecci tra poteri alti e poteri locali, i drammi di una malavita ‘grande madre’ che sostiene e castiga nel nome di un onore arcaico e latente, pur senza mai perdere di vista passionalità e sentimento accanto a una costruzione ben strutturate delle storie. Forse un momento di passaggio obbligato in un’epoca di forte cambiamento e tensione, sciolta in una città set per poliziotteschi e melodrammi, commedie e sceneggiate rivisitate: da Camorra e I guappi (Pasquale Squitieri, 1972 e 1974) a Napoli violenta (Umberto Lenzi, 1976), Serenata calibro 9 (Alfonso Brescia, 1978). Nel solco del cambiamento generazionale nasce, un filone cinematografico ‘intimista’ relativo a quella che sarebbe diventata la nuova commedia svincolata dalla cosiddetta ‘commedia all’italiana’ idealmente terminata con l’Ettore Scola di C’eravamo tanto amati (1974) e de La terrazza (1980): una comicità surreale che avrebbe ispirato i comici, come Massimo Troisi, la cui genialità espressiva lo pone tra gli autori più influenti del secolo scorso. Con Il postino (1994), suo ultimo lavoro, si chiude un mondo cinematografico partenopeo legato ad un cinema drammatico classico, accanto a Morte di una matematico napoletano (1992) di Mario Martone, che gli vale il David di Donatello.
Negli Anni Novanta Napoli sembra iniziare ad affinare le armi per quello che sarebbe stato un exploit senza precedenti dai tempi del muto o dei primi film di Rosi. Molti dei figli della città, che ne avrebbero decantato gesta, decadenza, gloria e magnificenza negli anni a venire, ruotano proprio nei Teatri Uniti di Martone; tra di essi Paolo Sorrentino. Era forse lui l’uomo in più, colui che finalmente ricrea la visione cinematografica classica, facendo dimenticare l’atmosfera di fiction che per troppi anni si era impadronita della sala. L’uomo in più (2001) è il capostipite di un nuovo corso.
Nel 2020 (passando per l’Oscar a La grande bellezza di Paolo Sorrentino), si conferma l’imprescindibilità della cultura cinematografia (e non) partenopea, con prodotti di altissimo livello: dalle visioni crudeli e mistiche di Gomorra (2008) del romano Matteo Garrone, grandissimo cantore delle diverse sfaccettature di Napoli addirittura mettendo in scena un capolavoro assoluto della letteratura dialettale barocca partenopea quale Lo cunto de li cunti di Giovan Battista Basile, al ritorno al noir con Toni D’Angelo o alle contemporanee pellicole di Eduardo De Angelis o alla nuova animazione con La gatta Cenerentola (2017), solo per citarne alcuni. Napoli da sempre città d’eccellenza della cultura italiana, culla di anime e miti, di sogni e orizzonti all’ombra del Vesuvio è quindi oggi più che mai influente nel percorso del cinema italiano che anche sulla sua fantasia, entusiasmo e poesia ha potuto tracciare una delle storie più belle che siano mai state raccontate.
> di M. Deborah Farina, regista