L’orto sociale della salute
13 Maggio 2020
Da oltre due anni più di cento persone coltiva il suo pezzetto
È il riscatto della periferia orientale della città. Un territorio difficile della VI Municipalità, quella dei quartieri di Barra, Ponticelli e San Giovanni a Tetuccio. Il riscatto è una parte del parco dei fratelli De Filippo di circa 1 ettaro che versa in stato di abbandono. «Gran parte del parco era interdetta », spiega Anna Ascione, responsabile del Centro Diurno Lilliputh, ma il Sert dell’Asl Napoli 1 riesce a sottrarre l’area a spacciatori e tossicodipendenti sottoscrivendo un’intesa con il Comune per la bonifica e l’assegnazione alla cura dei ragazzi del Centro Diurno di questo servizio, in forma di attività riabilitativa.
«L’orto è urbano perché si trova in città, ma è sociale perché ha a tutti gli effetti una missione sociale – continua Ascione. È un’attività che unisce i cittadini del territorio, ognuno con il suo pezzetto di terra, a formare una piccola comunità che ha a cuore il verde pubblico». Oggi sono 146 le famiglie che si prendono cura di questo spazio, un segnale importante, in un quartiere identificato più con le aree di spaccio che con quelle di cura. «Una pratica, quella dell’orto sociale, nata come attività di riabilitazione sociale per i fruitori del Centro – prosegue Ascione – ma di cui pare che il territorio sentisse l’esigenza». Accanto all’ortoterapia, ci sono i laboratori di autografia, musicoterapia, educazione alla salute. Una pratica che ha suscitato interesse non solo tra i docenti della facoltà di Architettura di Napoli ma anche da parte di altre Università italiane e straniere, come quella di Amsterdam.
«Per aderire alle attività, è necessario sottoscrivere il nostro Progetto Sociale di inclusione, manifestare la volontà di accettazione dell’altro – afferma Ascione. Il protocollo di intesa è stato rinnovato e il nuovo obiettivo è riqualificare l’altra parte del parco ancora abbandonata. In lista di attesa ci sono oltre 100 persone interessate ad adottare un pezzetto di terra. E questo è il nostro riscatto», chiosa Ascione.
> di Paola Lamberti