Napoli fuori le mura: Un viaggio tra i palazzi nobiliari dell’antica via Foria
16 Maggio 2020
Il nostro itinerario comincia da Porta San Gennaro, così denominata perché da qui partiva l’antico pellegrinaggio che portava verso le catacombe. La porta che in origine era più arretrata verso via Settembrini, fu fatta avanzare nella prima metà del ‘500 quando la cinta muraria fu ampliata da Don Pedro de Toledo. La porta è impreziosita dal dipinto realizzato da Mattia Preti nel 1656 come ex voto dopo la peste che aveva flagellato la città.
Superando la porta incrociamo via Foria che chiude a nord la città antica. Originariamente questa non era altro che un collettore d’acque che raccoglieva quelle meteoriche provenienti dalle colline e in particolare dai valloni dei Vergini e della Sanità. Via del Campo, questo l’antico nome, venne allargata e sistemata nel 1766 mentre la sua sistemazione definitiva avvenne nel 1806 con la realizzazione dei progetti di Gaetano Schioppa e Stefano Gasse. La strada si estende per circa un km, da Piazza Cavour, con l’adiacente Museo Archeologico Nazionale (l’ex Palazzo degli Studi), a Piazza Carlo III dominato dalla maestosa facciata del Palazzo del Real Albergo dei Poveri. Testimonianze preziose della politica illuministica del tempo.
La città già dalla fine del ‘500 aveva dato i primi segnali di espansione determinando alcuni insediamenti fuori della cinta muraria. Gli interventi in tali aree avranno un impulso decisivo quando Carlo di Borbone, divenuto re di Napoli nel 1734, diede inizio a una serie di progetti di edilizia pubblica. È il caso dell’ex Palazzo degli Studi con i lavori di adeguamento voluti dal sovrano per ospitare le raccolte farnesiane e trasformato poi in Real Museo dal figlio Ferdinando IV per accogliere i reperti di Pompei e Ercolano. Oggi per la straordinaria ricchezza di questi reperti, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli è tra i musei più importanti al mondo per l’archeologia classica.
Attraversando Piazza Cavour, in via dei vergini si incontra Palazzo dello Spagnuolo. L’edificio venne costruito, dal 1738, per volontà del Marchese di Poppano Nicola Moscati, unificando e trasformando due edifici preesistenti. L’incarico fu affidato a Francesco Attanasio, ma rimane il dubbio sulla paternità della scenografica “scala ad ali di falco” marchio di fabbrica di Ferdinando Sanfelice. Quest’ultimo aveva la sua dimora a pochi passi quindi è facile immaginare un confronto e/o collaborazione nell’esecuzione del progetto. Il Palazzo è denominato lo Spagnuolo perché uno dei proprietari, Tommaso Atienza, era conosciuto con questo appellativo. La scala presenta cinque aperture per piano che, ad eccezione dell’ultimo, si sviluppano simmetricamente. L’interno e l’esterno sono ornati con decorazioni a stucco mentre le porte di accesso agli appartamenti sono sormontate da stucchi che incorniciano medaglioni con busti ritratti. La facciata si presenta disposta su tre piani, nei quali lesene e capitelli si alternano ai balconi. Il portale si presenta tra pilastri in piperno sormontato da volute e cartigli che sorreggono il balcone del piano nobile. Tra gli ospiti illustri si ricorda re Carlo di Borbone, che amava sostare qui per cambiare i cavalli delle sue carrozze con i buoi, animali più lenti ma più forti per affrontare la salita di Capodimonte. Si ricorda che il Ponte che scavalca il vallone della Sanità sarà costruito durante il decennio francese proprio per rendere più agevole il percorso alla Reggia.
Poco più avanti incontriamo Palazzo Sanfelice edificato tra il 1724 e il 1728 dall’architetto Ferdinando Sanfelice. L’edificio, posto in curva, è composto da due fabbricati distinti unificati dalla facciata che segue il tracciato stradale e con due portoni gemelli in piperno sormontato da sirene. Il primo edificio è realizzato inglobando strutture preesistenti, il secondo sarà costruito ex-novo dallo stesso Sanfelice. Il palazzo presenta due cortili. Nel cortile più ampio l’architetto sperimenta per la prima volta la “scala ad ali di falco”, una composizione architettonica di grande effetto scenografico.
Nell’altro cortile, una prima rampa di scale si apre abbracciando un corpo centrale e poi si dirama per raggiungere i due pianerottoli. Il palazzo è stato teatro di diversi film, tra questi si ricordano la trasposizione cinematografica di “Questi fantasmi!” di Eduardo De Filippo e “Le quattro giornate di Napoli” di Nanni Loy.
Ritornando su via Foria, ad angolo con via Miracoli e di fronte a Via Duomo, troviamo Palazzo Schiantarelli eretto nella seconda metà del ‘700 e attribuito all’architetto romano Pompeo Schiantarelli. Il portale è a tutto sesto in bugnato, mentre geometricamente in linea su tutti i tre i piani dell’edificio, sei ovali con busti si alternano ai balconi con timpani triangolari ad arco.
Proseguendo la nostra camminata notiamo la maestosa Caserma Garibaldi, che nel periodo borbonico ospitò la scuola militare. La costruzione risale alla metà dell’800 e ingloba anche due torri rinascimentali che univano le cortine difensive settentrionale e orientale e che furono ristrutturate e ampliate in altezza. Il tratto di mura che le due torri contenevano fu sostituito da un nuovo corpo di fabbrica che costituisce la facciata principale della caserma.
Superato l’incrocio con via Cesare Rosaroll, c’è Palazzo Ruffo di Castelcicala. L’edifico costruito nel 1690 presenta una facciata neoclassica con due portali. Il primo cortile presenta un finestrone squadrato di dimensioni più grandi per ogni piano. Il secondo cortile, reso famoso perché è stato l’ambientazione dei film di Bellavista, presenta sul lato principale una doppia rampa di scale aperta con tre finestroni a tutto sesto disposti su ognuno dei tre piani.
Sul versante terminale che conduce a Piazza Carlo III troviamo invece Palazzo Lariano Sanfelice. Il Palazzo fu costruito tra il 1730 e 1740. Così come in altre costruzioni realizzate dall’architetto scenografo, anche in questa l’elemento caratterizzante si evidenzia nella doppia scalinata aperta che sale attraverso un gioco di volte e pilastri. La spazialità è amplificata dall’andamento curvilineo delle ringhiere. Superato l’atrio si incontra un cortile di pianta irregolare che anticamente era collegato al giardino tramite una scala.
Sul lato opposto e di fianco a Palazzo Fuga, su decreto di Giuseppe Bonaparte del 1807 si decise di realizzare l’Orto Botanico. Michele Tenore e Giuliano de Fazio si occuparono rispettivamente della parte scientifica e dell’ingresso dell’edificio. La sistemazione del giardino avvenne inglobando la già esistente palazzina che edificata su un quadrilatero con un cortile centrale è tuttora detto il Castello per le quattro torri poste ai vertici. L’Apertura al pubblico dell’Orto Botanico avvenne nel 1809 attirando gli studiosi di botanica per la rarità delle sue piante.
In Piazza Carlo III incontriamo Palazzo del Real Albergo dei Poveri che nelle intenzioni originarie doveva essere di notevoli dimensioni (600 metri di lunghezza e 135 di larghezza), in quanto doveva ospitare tutti i poveri non solo della città ma di tutto il Regno. Nel 1751 fu incaricato del progetto Ferdinando Fuga, si susseguiranno nel corso degli anni Mario Gioffredo, Carlo Vanvitelli e Francesco Maresca. Quest’ultimo avrà il compito di accelerare i lavori ridimensionando il progetto iniziale. Le cronache del tempo ci riferiscono che al tempo di Ferdinando II nel 1857 la struttura ospitava più di 5.000 persone che oltre ad imparare a leggere e scrivere apprendevano uno dei tanti mestieri che vi si insegnavano. La maestosa facciata lunga circa 400 metri è ritmata da file di finestre e nella parte centrale la scalinata a due bracci opposti conduce a tre archi d’ingresso dai quali si accede al vestibolo. Ci sono più di 400 ambienti di grandi dimensioni e oltre 20.000 mq di spazi all’aperto. Il Master Plan approvato dal Comune di Napoli nel 2005 per la realizzazione della Città dei giovani nel Real Albergo dei Poveri, prevede il riuso della struttura per fini educativi e culturali. Di recente la struttura ha ospitato eventi legati al Napoli Teatro Festifaval.
Il nostro itinerario comincia da Porta San Gennaro, così denominata perché da qui partiva l’antico pellegrinaggio che portava verso le catacombe. La porta che in origine era più arretrata verso via Settembrini, fu fatta avanzare nella prima metà del ‘500 quando la cinta muraria fu ampliata da Don Pedro de Toledo. La porta è impreziosita dal dipinto realizzato da Mattia Preti nel 1656 come ex voto dopo la peste che aveva flagellato la città.
Superando la porta incrociamo via Foria che chiude a nord la città antica. Originariamente questa non era altro che un collettore d’acque che raccoglieva quelle meteoriche provenienti dalle colline e in particolare dai valloni dei Vergini e della Sanità. Via del Campo, questo l’antico nome, venne allargata e sistemata nel 1766 mentre la sua sistemazione definitiva avvenne nel 1806 con la realizzazione dei progetti di Gaetano Schioppa e Stefano Gasse. La strada si estende per circa un km, da Piazza Cavour, con l’adiacente Museo Archeologico Nazionale (l’ex Palazzo degli Studi), a Piazza Carlo III dominato dalla maestosa facciata del Palazzo del Real Albergo dei Poveri. Testimonianze preziose della politica illuministica del tempo.
La città già dalla fine del ‘500 aveva dato i primi segnali di espansione determinando alcuni insediamenti fuori della cinta muraria. Gli interventi in tali aree avranno un impulso decisivo quando Carlo di Borbone, divenuto re di Napoli nel 1734, diede inizio a una serie di progetti di edilizia pubblica. È il caso dell’ex Palazzo degli Studi con i lavori di adeguamento voluti dal sovrano per ospitare le raccolte farnesiane e trasformato poi in Real Museo dal figlio Ferdinando IV per accogliere i reperti di Pompei e Ercolano. Oggi per la straordinaria ricchezza di questi reperti, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli è tra i musei più importanti al mondo per l’archeologia classica.
Attraversando Piazza Cavour, in via dei vergini si incontra Palazzo dello Spagnuolo. L’edificio venne costruito, dal 1738, per volontà del Marchese di Poppano Nicola Moscati, unificando e trasformando due edifici preesistenti. L’incarico fu affidato a Francesco Attanasio, ma rimane il dubbio sulla paternità della scenografica “scala ad ali di falco” marchio di fabbrica di Ferdinando Sanfelice. Quest’ultimo aveva la sua dimora a pochi passi quindi è facile immaginare un confronto e/o collaborazione nell’esecuzione del progetto. Il Palazzo è denominato lo Spagnuolo perché uno dei proprietari, Tommaso Atienza, era conosciuto con questo appellativo. La scala presenta cinque aperture per piano che, ad eccezione dell’ultimo, si sviluppano simmetricamente. L’interno e l’esterno sono ornati con decorazioni a stucco mentre le porte di accesso agli appartamenti sono sormontate da stucchi che incorniciano medaglioni con busti ritratti. La facciata si presenta disposta su tre piani, nei quali lesene e capitelli si alternano ai balconi. Il portale si presenta tra pilastri in piperno sormontato da volute e cartigli che sorreggono il balcone del piano nobile. Tra gli ospiti illustri si ricorda re Carlo di Borbone, che amava sostare qui per cambiare i cavalli delle sue carrozze con i buoi, animali più lenti ma più forti per affrontare la salita di Capodimonte. Si ricorda che il Ponte che scavalca il vallone della Sanità sarà costruito durante il decennio francese proprio per rendere più agevole il percorso alla Reggia.
Poco più avanti incontriamo Palazzo Sanfelice edificato tra il 1724 e il 1728 dall’architetto Ferdinando Sanfelice. L’edificio, posto in curva, è composto da due fabbricati distinti unificati dalla facciata che segue il tracciato stradale e con due portoni gemelli in piperno sormontato da sirene. Il primo edificio è realizzato inglobando strutture preesistenti, il secondo sarà costruito ex-novo dallo stesso Sanfelice. Il palazzo presenta due cortili. Nel cortile più ampio l’architetto sperimenta per la prima volta la “scala ad ali di falco”, una composizione architettonica di grande effetto scenografico.
Nell’altro cortile, una prima rampa di scale si apre abbracciando un corpo centrale e poi si dirama per raggiungere i due pianerottoli. Il palazzo è stato teatro di diversi film, tra questi si ricordano la trasposizione cinematografica di “Questi fantasmi!” di Eduardo De Filippo e “Le quattro giornate di Napoli” di Nanni Loy.
Ritornando su via Foria, ad angolo con via Miracoli e di fronte a Via Duomo, troviamo Palazzo Schiantarelli eretto nella seconda metà del ‘700 e attribuito all’architetto romano Pompeo Schiantarelli. Il portale è a tutto sesto in bugnato, mentre geometricamente in linea su tutti i tre i piani dell’edificio, sei ovali con busti si alternano ai balconi con timpani triangolari ad arco.
Proseguendo la nostra camminata notiamo la maestosa Caserma Garibaldi, che nel periodo borbonico ospitò la scuola militare. La costruzione risale alla metà dell’800 e ingloba anche due torri rinascimentali che univano le cortine difensive settentrionale e orientale e che furono ristrutturate e ampliate in altezza. Il tratto di mura che le due torri contenevano fu sostituito da un nuovo corpo di fabbrica che costituisce la facciata principale della caserma.
Superato l’incrocio con via Cesare Rosaroll, c’è Palazzo Ruffo di Castelcicala. L’edifico costruito nel 1690 presenta una facciata neoclassica con due portali. Il primo cortile presenta un finestrone squadrato di dimensioni più grandi per ogni piano. Il secondo cortile, reso famoso perché è stato l’ambientazione dei film di Bellavista, presenta sul lato principale una doppia rampa di scale aperta con tre finestroni a tutto sesto disposti su ognuno dei tre piani.
Sul versante terminale che conduce a Piazza Carlo III troviamo invece Palazzo Lariano Sanfelice. Il Palazzo fu costruito tra il 1730 e 1740. Così come in altre costruzioni realizzate dall’architetto scenografo, anche in questa l’elemento caratterizzante si evidenzia nella doppia scalinata aperta che sale attraverso un gioco di volte e pilastri. La spazialità è amplificata dall’andamento curvilineo delle ringhiere. Superato l’atrio si incontra un cortile di pianta irregolare che anticamente era collegato al giardino tramite una scala.
Sul lato opposto e di fianco a Palazzo Fuga, su decreto di Giuseppe Bonaparte del 1807 si decise di realizzare l’Orto Botanico. Michele Tenore e Giuliano de Fazio si occuparono rispettivamente della parte scientifica e dell’ingresso dell’edificio. La sistemazione del giardino avvenne inglobando la già esistente palazzina che edificata su un quadrilatero con un cortile centrale è tuttora detto il Castello per le quattro torri poste ai vertici. L’Apertura al pubblico dell’Orto Botanico avvenne nel 1809 attirando gli studiosi di botanica per la rarità delle sue piante.
In Piazza Carlo III incontriamo Palazzo del Real Albergo dei Poveri che nelle intenzioni originarie doveva essere di notevoli dimensioni (600 metri di lunghezza e 135 di larghezza), in quanto doveva ospitare tutti i poveri non solo della città ma di tutto il Regno. Nel 1751 fu incaricato del progetto Ferdinando Fuga, si susseguiranno nel corso degli anni Mario Gioffredo, Carlo Vanvitelli e Francesco Maresca. Quest’ultimo avrà il compito di accelerare i lavori ridimensionando il progetto iniziale. Le cronache del tempo ci riferiscono che al tempo di Ferdinando II nel 1857 la struttura ospitava più di 5.000 persone che oltre ad imparare a leggere e scrivere apprendevano uno dei tanti mestieri che vi si insegnavano. La maestosa facciata lunga circa 400 metri è ritmata da file di finestre e nella parte centrale la scalinata a due bracci opposti conduce a tre archi d’ingresso dai quali si accede al vestibolo. Ci sono più di 400 ambienti di grandi dimensioni e oltre 20.000 mq di spazi all’aperto. Il Master Plan approvato dal Comune di Napoli nel 2005 per la realizzazione della Città dei giovani nel Real Albergo dei Poveri, prevede il riuso della struttura per fini educativi e culturali. Di recente la struttura ha ospitato eventi legati al Napoli Teatro Festifaval.
> di Arcangelo Pisano