QUODVULTDEUS, UN SANTO AFRONAPOLETANO
22 Luglio 2020
Migrante ante litteram, è il protettore dei profughi di mare
Alzi la mano chi ha incontrato almeno una volta nella vita una persona il cui nome di battesimo è Quodvultdeus. Sì, avete letto bene, non è un errore di stampa: Quodvultdeus.
Non vi è mai capitato, vero? Ci avrei scommesso. Anche a me non è mai successo. Eppure Quodvultdeus, che letteralmente significa “Ciò che Dio vuole”, è un santo della Chiesa cattolica che si festeggia il 19 febbraio. Un santo afronapoletano. Molto meno conosciuto di san Gennaro, ma pur sempre un santo.
Le cronache raccontano che nacque a Cartagine (che oggi è un bel sobborgo di Tunisi affacciato sul mare) tra il 380 e il 390 dopo Cristo e che fu discepolo di Agostino d’Ippona, il quale nel 421 lo nominò diacono. Non sappiamo chi gli abbia affibbiato il singolare nome con cui sarebbe entrato nel “Martirologio Romano”, il libro che elenca i più di novemila santi e beati che godono di pubblica venerazione; probabilmente fu lui stesso ad attribuirselo, un po’ come hanno fatto fino ad anni recenti molti frati e monache che al momento di prendere i voti sceglievano un nome diverso da quello di battesimo; il caso più noto è quello di Padre Pio da Pietrelcina, che all’anagrafe si chiamava Francesco Forgione.
La carriera ecclesiastica di Quodvultdeus giunse al culmine nel 434, quando diventò vescovo di Cartagine. Era un periodo difficile per l’Impero Romano d’Occidente, ormai in declino, e per i cristiani che vivevano nel Nordafrica: tutta l’area era sotto attacco da parte dei Vandali guidati dal re Genserico, seguace dell’arianesimo, una dottrina che un secolo prima, durante il Concilio di Nicea, era stata condannata come eretica.
Nel 439 proprio Genserico conquistò Cartagine, costringendo alla schiavitù o all’esilio i cristiani presenti in città. Quodvultdeus riuscì a mettersi in salvo: insieme a un gruppo di seguaci e a Gaudioso, vescovo di Abitine, con un’imbarcazione di fortuna attraversò il Tirreno e tra mille peripezie approdò a Napoli. Un migrante ante litteram, insomma; per questo è poi diventato il santo protettore dei profughi di mare.
Quodvultdeus si integrò subito nel tessuto religioso e sociale della città partenopea – che all’epoca era un pacifico melting pot di popoli, culture e culti – ed ebbe libertà di predicare e fare proseliti. Da uomo inflessibile qual era, lottò con vigore contro le dottrine considerate eretiche dalla Chiesa; il suo bersaglio principale fu il pelagianesimo, messo al bando in occasione del Concilio di Efeso. Curioso, questo suo atteggiamento: costretto a lasciare la sua terra per motivi di fede, si mostrò intollerante verso quanti si discostavano, spesso per futili cavilli di natura teologica, dai dogmi imposti dal Papato e dall’Impero.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 454, Quodvultdeus fu sepolto nelle Catacombe di San Gennaro, situate nell’attuale area di Capodimonte. Un mosaico realizzato nel V secolo su una parete della Cripta dei Vescovi del complesso catacombale ci offre un fermo immagine del suo abbigliamento e del suo aspetto fisico: tunica bianca, il Vangelo tra le mani, i capelli crespi, gli occhi grandi, la bocca carnosa, un paio di folte sopracciglia e, tratto inconfondibile delle sue origini africane, la carnagione scura.
Gaudioso, l’altro vescovo scappato con lui da Cartagine e a sua volta proclamato santo, morì a Napoli l’anno dopo, nel 455, e fu seppellito nelle catacombe che oggi portano il suo nome, poste sotto la Basilica di Santa Maria della Sanità.
Da più di quindici secoli Quodvultdeus è confinato nell’oblio; solo qualche ricerca storica lo ha ricordato. Esule in vita, quasi anonimo post mortem. A condannarlo alla dimenticanza ha in gran parte contribuito il suo nome, difficile da pronunciare, troppo arcaico e quindi poco usato. Mettetevi nei panni di una mamma che debba rivolgersi a un proprio figliuolo con frasi del genere: «Quodvultdeus, fa’ il bravo! Quodvultdeus, stasera niente videogiochi!».
Una sorte analoga è toccata ad altri santi dai nomi quantomeno eccentrici: Calcedonio, Eparchio, Foca, Favorino, Materno, Taurino, Nonno, Fridolino, Tranquillino, Gummaro, Panfilo, Tochumracht, Valpurga, Felicissima, Serapione. Andate a controllare: sono tutti annoverati nei calendari liturgici. E visto che ci siete, cercate anche san Deogratias: lo troverete. Volete sapere chi è? Il vescovo cartaginese che prese il posto di Quodvultdeus quando i Vandali cominciarono a concedere qualche libertà ai cristiani; evidentemente, all’epoca era una moda darsi un nome latineggiante. Pure a lui, ne converrete, può applicarsi l’esempio fatto poc’anzi: «Deogratias, togli le dita dal naso!».
di Pino Imperatore