Nuovi modelli di business: come il digitale sta trasformando il mondo del lavoro
22 Luglio 2020
Ai tempi dell’emergenza Covid 19, il lavoro sta cambiando velocemente. La tecnologia sta generando più posti di lavoro in alcuni ambiti e ne sta sottraendo in altri. A detta della maggior parte degli esperti, il saldo sarà nettamente positivo, generando conseguentemente una forte crescita dell’occupazione, a patto di indirizzare, preparare e formare le nuove leve sulle competenze necessarie a cavalcare questa rivoluzione. Lo dimostrano quegli stati come Corea, Giappone e Germania dove l’occupazione sale di pari passo con l’evoluzione delle tecnologie. Più in generale, non basterà solo essere in grado di cogliere le opportunità offerte dalla Digital transformation dell’Industria 4.0, ma occorrerà, al contempo, garantire la sostenibilità sociale a seguito di queste enormi transizioni, in un contesto internazionale politico e sociale in profondo e continuo mutamento.
Le tecnologie digitali per un’organizzazione moderna sono un elemento di integrazione e intermediazione tra mondo fisico tradizionale e mondo virtuale. È importante capire che oggi è questo che fa la differenza. Digital transformation significa cambiamento culturale, un nuovo modo di pensare e di utilizzare la tecnologia per migliorare l’esperienza di dipendenti, clienti e fornitori. Non c’è trasformazione digitale senza le giuste competenze e questo riguarda tutte le figure professionali presenti in azienda. E non basta nemmeno migrare alcuni software presenti in azienda in cloud o realizzare un sistema di e-commerce disponibile magari anche in un’app, per parlare di Digital transformation.
D’altra parte, l’industria 4.0 rappresenta un mondo in cui i sistemi di produzione virtuali e fisici cooperano globalmente tra loro in modo flessibile, per offrire prodotti e servizi altamente personalizzati. Questa flessibilità, sta trasformando le condizioni di lavoro, la vita economica e sociale del nostro Paese. Il perimetro dei processi produttivi tende ad allargarsi rendendo sempre più confusa la distinzione tra impresa e fornitori, tra mansioni svolte da dipendenti riconoscibili entro uno specifico perimetro aziendale ed esterni che si relazionano con più organizzazioni contemporaneamente. Ad esempio, lo smartworking che è un nuovo modello di lavoro, facilita, attraverso le tecnologie digitali, il processo che consente di superare i concetti di tempo e spazio, al fine di bilanciare le esigenze personali, la responsabilità, la soddisfazione del lavoro e migliorare le prestazioni dei dipendenti.
Se è vero che l’automazione spinta, la robotica guidata dall’intelligenza artificiale e l’IoT, ovvero, l’Internet delle cose, porteranno ottimizzazioni in tutti i processi aziendali, con il conseguente calo del fabbisogno di persone, è anche vero che per quanto concerne i servizi, la grande disponibilità di dati e la relativa semplicità nel loro utilizzo, aprono importantissime opportunità per nuove professionalità. Inoltre, la digitalizzazione sta creando nuove figure professionali, tra cui possiamo annoverare una nuova generazione di startupper, che meritano di essere valorizzati in quanto, gran parte di loro, portano avanti esperienze con il coraggio di tracciare un percorso verso il futuro. E per aiutare i giovani che vogliono realizzare le proprie idee imprenditoriali, occorre semplificare il sistema e sostenerli economicamente e tecnicamente, al fine di ottenere una crescita significativa dell’attività imprenditoriale nel mondo giovanile che fatica sempre più a trovare sbocchi nelle posizioni lavorative tradizionali.
Ma non occorre dimenticare che nel mondo del lavoro convivono i vecchi e i nuovi mestieri, ai primi dei quali sarà necessario prestare la stessa attenzione degli ultimi. Il riassorbimento di posti di lavoro “distrutti” dall’innovazione tecnologica è un processo difficile e complesso. Sarà necessario intervenire con politiche attive e di formazione in grado di non lasciare nessuno indietro, cambiando profondamente l’attuale paradigma della formazione professionale.
L’evoluzione sempre più rapida delle tecnologie digitali rende infatti necessario e urgente adeguare il sistema educativo verso una concezione di formazione continuativa, detta lifelong learning, fondamentale per adattarsi alle mutevoli esigenze del mercato. Il processo di armonizzazione tra sapere e lavoro passa anche dal miglioramento del rapporto tra le aziende e la scuola, attraverso i programmi di alternanza scuola-lavoro che diverranno sempre più importanti se fatti evolvere opportunamente, ed anche tra le aziende e il mondo dell’Università e della ricerca, in modo da far evolvere la cosiddetta “Terza Missione dell’Università” (dopo la ricerca e la didattica), già tanto conosciuta e consolidata nel mondo anglosassone e ancora agli albori in Italia.
Nel lungo periodo, le evoluzioni tecnologiche, genereranno sicuramente maggior benessere per le persone, ma nell’immediato rischiano di svilire le condizioni di vita dei lavoratori. La storia insegna, che qualsiasi invenzione che ha impattato sull’economia, ha avuto bisogno di tempo per produrre risultati tangibili. L’obiettivo che tutte le parti coinvolte non devono perdere di vista è proprio riuscire a gestire questo delicato equilibrio.
di Francesco Castagna
imprenditore e docente di ingegneria economico-gestionale