“Eccomi”, la parola fondamentale della ‘cura’
10 Novembre 2020
Tutto si è capovolto. I numeri sono preoccupanti, la curva del contagio continua a salire, peggio di prima.
La prima ondata è stato un pesante schiaffo. Il covid-19 iniziava il suo viaggio europeo proprio dall’Italia e il mondo stava a guardare a come reagivano i ‘disorganizzati italiani’. “Il sistema sanitario italiano scricchiola sotto il peso del coronavirus”, scriveva il New York Times, mentre il quotidiano tedesco Bild descriveva la macabra processione dei camion militari che trasportavano i morti di covid-19 nei cimiteri. Mai come in quei giorni di dolore e apprensione si sono viste tante bandiere esposte e sentite tante dichiarazioni di fierezza nazionale: tutti insieme contro il “nemico sconosciuto”. Abbiamo vissuto stretti in un abbraccio di fratellanza, pronti a sostenere gli”eroi”, i medici e gli infermieri che lavoravano incessantemente per salvare le nostre vite.
Poi è arrivata un’estate spensierata vissuta come l’annuncio della fine di un incubo e con essa pensavamo di essere guariti, convinti – almeno volevamo crederlo – che il virus avesse esaurito la sua carica di violenza. Non pensavamo alla seconda ondata, anche se qualcuno continuava a suonare il campanello. Poi è arrivata: prima il ‘dritto’ e poi il ‘gancio’ come in un incontro di box. Dopo tanti sacrifici, pensavamo di vedere la luce e invece ci troviamo nel girone della morte. La seconda ondata ha spezzato anche quel sentimento nazionale unitario, ha esasperato le disuguaglianze, ha aperto conflitti: ora siamo tutti contro tutti in una posizione di profonda incoscienza E così si fanno avanti le due facce del dramma. Da una parte le lunghe file di auto e ambulanze davanti agli ospedali, in attesa che si liberi un posto anche in qualche corsia, dall’altro i lungomare, i parchi e le strade del centro stracolmi di gente che a loro modo mostrano l’attaccamento della vita alla vita, lasciando al senso di responsabilità dei cittadini la possibilità di un futuro.
Da Nord a Sud l’ordine dei medici invoca un lockdown totale accompagnato dall’urlo degli infermieri costretti a turni massacranti “basta con il palleggiamento di responsabilità”, chiedendo alla politica di svolgere il ruolo di indirizzo che la Costituzione le assegna. Ora il rischio è alto.
La seconda ondata era inevitabile, attesa. Viviamo un tempo difficile in cui la pena e l’angoscia sono grandi. La pandemia ci ha unito, ci ha fatto sentire di appartenere a una stessa condizione ma ci ha anche diviso. Siamo smarriti, senza riferimenti certi, spaventati. E questo secondo lutto non fa compattare le persone. Non a caso la gente sta peggio ora che nella prima ondata. Si sente abbandonata, senza futuro, confinata nell’angoscia. Siamo entrati nella pandemia chiedendoci se fosse meglio uno Stato centralistico o un sistema regionalizzato. La risposta aleggia, anche se nessuno la pronuncia ancora. Ora stiamo provando a uscirne colorando di giallo, arancione e rosso l’Italia, con bonus a pioggia e ristori promessi. Ma la domanda più frequente è quella di non essere lasciati soli, di sentire la presenza di chi li cura. E la parola attesa dalla cura è “Eccomi”.
La Redazione