NEAPOLITAN SHAKESPEARE: LA VOCE UNIVERSALE DELL’AMORE
14 Aprile 2017Gianni Lamagna mette in musica e interpreta i Sonetti del grande drammaturgo inglese.
Il carattere universale è proprio della musica e della poesia, che a ogni latitudine provocano emozioni, così come la capacità della musica napoletana di oltrepassare qualsiasi barriera linguistica. Ma quando l’incontro è tra la tradizione della melodia classica partenopea e il più grande drammaturgo di tutte le epoche, William Shakespeare, non può essere che un matrimonio d’amore.
Ci aveva provato Eduardo De Filippo nel 1983, portando in scena “La Tempesta” recitata in lingua. Oggi Gianni Lamagna va oltre: traduce i sonetti in napoletano, li mette in musica secondo un’interpretazione che non è solo personalissima, ma è il frutto di un lungo lavoro di ricerca.
“Una doppia sfida, linguistica e interpretativa – sorride Gianni Lamagna, già voce della Nuova Compagnia di Canto Popolare e dei Media Aetas, una lunghissima collaborazione con Roberto De Simone -: ho ridotto a 17 i 154 sonetti reinterpretandoli in chiave nostrana, cercando di mantenere inalterata tutta la magnificenza di Shakesperare”.
Un’operazione innovativa, quella di “Neapolitan Shakespeare”, con le musiche curate dallo stesso Lamagna, Giosi Cincotti, e Paolo Raffone, che si fondono diverse anime: il ‘700 napoletano, la tradizione popolare, la musica irlandese. Il risultato è un inno gioioso all’amore, linguaggio trasversale per eccellenza… “Prendiamo il sonetto 116, che rappresenta l’apoteosi del sentimento – sottolinea Lamagna -: l’Autore è epico quando dice he l’amore è un faro, non un gioco del tempo. Con il distico: Se sto sbagliando vorrà dire che io non ho mai scritto e nessuno non ha mai amato”.
La scelta della lingua è un viaggio all’indietro nei secoli che spazia da Basile fino alle radici del ‘300, con incursioni, però, nell’Ottocento e in Viviani. “Alla fine ho scelto la lingua di Gianni Lamagna in cui c’è tutta la mia esperienza”, aggiunge l’interprete–ricercatore, che ne ha tradotti 13, mentre gli altri quattro sono affidati a Raffone, Piera Lombardi, e Nico Arcieri e Cincotti. In tre sonetti Lamagna è accompagnato dalle voci della Lombardi e di Alessio Arena e delle “Mamme di Sisina”.
Dopo 450 anni, dunque, nell’interpretazione di Lamagna, i sonetti shakespeariani confermano la loro universalità di linguaggio. E con essi la lingua e la musica napoletana. Più che un concerto, un’opera letteraria: il lavoro di Gianni Lamagna ha avuto non solo entusiastiche accoglienze in Italia e all’estero, da Buenos Aires a Francoforte, ma registra il forte interesse del mondo accademico, con interventi universitari e la menzione speciale, per le traduzioni, al Premio Elsa Morante.
Un esperimento innovativo, che ha richiesto due anni di gestazione e rigorosa ricerca. Oggi, anche grazie alla musica e all’interpretazione di Lamagna, i giovani riscoprono il drammaturgo e poeta di Stratford upon Avon, il suo modo di cantare l’amore, mettendo a nudo i segreti e le pieghe dell’animo umano.
Dopo il successo di Neapolitan Shakespeare, Lamagna sta accarezzando l’idea di mettere in musica tutti e 154. “Un’opera impegnativa – sorride – ma sarà un nuovo inizio”.
Accompagnano Gianni Lamagna in questo viaggio tra i sonetti del Grande Bardo i musicisti Arcangelo Michele Caso (violoncello), Alessandro de Carolis (flauto), Gianluca Falasca (violino), Giosi Cincotti (pianoforte), Michele de Martino (mandolino), Paolo Propoli (chitarra), Vincenzo Lamagna (contrabbasso).
> di Francesco Bellofatto