Stampa & potere: L’autogol di de Laurentiis
15 Luglio 2017
A stagione in archivio, il Napoli infila nel bilancio una serata magica, fatta eccezione per il risultato. Contro il Real Madrid al San Paolo dall’urlo champions da record ai primi 50 minuti da cineteca, spiccano due elementi che fanno capire come il calcio sia davvero il racconto della vita.
Il giro di campo con ovazione per Careca simboleggia la forse unica capacità che ha il calcio di rendere appassionanti i racconti tra le generazioni. E i festeggiamenti per il trentennale della vittoria del primo scudetto, l’ennesima occasione sciupata da questo Napoli per dimostrarsi legato a Napoli senza spacchettare la storia in epoche, lo confermano.
Allo stadio erano in tanti quelli che 30 anni fa non erano nati, ma sapevano perfettamente chi fosse il brizzolato signore che tirava bombe nelle porte avversarie.
E nella coreografia del tifo è sbucato uno striscione né imponente né variopinto: Ferlaino torna.
Secco, una frustata, in mondovisione, per de Laurentiis. Il dopo gara del presidente è stato ancora una volta nefasto. Urla, tuoni e fulmini in diretta su Mediaset.
Sandro Sabatini è stato mio compagno di lavoro anni fa, lo conosco dai tempi in cui era giovanissimo e brillante speaker del basket a Montecatini. Ha provato ad arginare lo tsunami presidenziale mostrando fastidio. Urlare senza contraddittorio e accusare assenti è notoriamente scorretto. Ma abbinare popolarità a lucidità non è facile.
De Laurentiis ha sbagliato più volte. Ha investito di insulti il redattore da Napoli della Gazzetta dello Sport. E ha evocato la wuewtome meridionale applicata al calcio, laddove le squadre con le maglie a strisce è vero che sono quelle che hanno vinto di più ma forse anche perché frutto di programmazione, investimenti, professionalità anche fuori dal campo.
Premetto che la Gazzetta dello Sport non ha bisogno di avvocati difensori, e il collega e amico Mimmo Malfitano conosce la strada del giornalismo partendo da campi polverosi non da box riscaldati e hostess gentili. A lui solidarietà anche come marito e genitore, sapendo come proiettili verbali sparati al microfono possano creare inquietudini in chi va a fare la spesa o va al cinema o a lavoro senza scorta. E intendo i familiari di Mimmo, soprattutto.
Poi ci commuoviamo di fronte alle disgrazie improvvise, alle vittime innocenti. Tra social che diventano campi di sterminio (pensiamo a Tiziana Cantone, la ragazza suicida dopo suoi video hard in rete) e parole in libertà siano i 140 caratteri dell’eccellenza o le vagonate di parole su Facebook, pensiamo tutti di vivere da primattori, senza osservare le regole. Soprattutto del buonsenso.
Torniamo a Ferlaino, dunque. Quando il Napoli urlò l’applicazione del criterio della responsabilità oggettiva per la monetina che colpì Alemao a Bergamo, trovò al suo fianco nella esigenza della corretta applicazione delle regole la redazione sportiva della Rai, direttore generale Biagio Agnes, e due giornali del nord: il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. I primi quotidiani che aveva in squadra esperti di politica sportiva: Nino Petrone sul Corrierone, Mino Mulinacci sulla Gazzetta.
Avversario nella contesa era il Milan del potente e ricco Berlusconi, ma Ferlaino viaggiò tra i Palazzi del Pallone con sottobraccio i due influenti giornali milanesi che ribadivano le ragioni del Napoli.
Basta questo per confermare il rigore dei giornali, e soprattutto ribadire come non serve – in Italia – affrontare la folla scortato da body guard che sembrano la riedizione di guardiani della Cia, a Langley in Virginia. Non serve isolare la squadra dal contesto non regalando un allenamento mensile al San Paolo, gratuito, per i tanti nonni, genitori e bambini che vivono le difficoltà di una città con alto tasso di disoccupazione.
Il discorso sarebbe ancora lungo, e “Nord chiama Sud” era una trasmissione della Rai, si produceva proprio a Napoli, che richiamava la voglia di unire il Paese. Il titolo di Libero è stato mortificante (Piagnisteo napoletano, da qui anche una querela ma ormai tutti cercano di far parlare di se) ma ha trovato chi è riuscito a fare peggio. Dopo le conferenze stampa ad invito, de Laurentiis avrebbe voglia di convincere il commissario della Lega di Serie A, il presidente federale Tavecchio, di far passare la linea secondo cui alle gare possano essere presenti solo giornalisti invitati. Lo disse proprio a chi scrive in una solita folata di apparente voglia di imporre voce e idee senza contraddittorio, ma non dovrebbe andargli di lusso. L’unica regola non scritta è quella che tiene in piedi una società: il buonsenso.
>di Gianfranco Coppola
Consigliere nazionale USSI
Membro AIPS Europe