Enologia, Tesoro Regionale
21 Novembre 2017
L’enologia secondo Franco Alfieri, Consigliere Delegato all’Agricoltura: per il settore disponibili 1,8 miliardi del PSR
“Il vino è un grande piacere della vita in tutto il mondo. In Campania lo è di più perché ha radici antiche: quando altri probabilmente non lo conoscevano, noi eravamo già bravi vinificatori. Durante l’Impero Romano gli imperatori gradivano i vini campani”. Per Franco Alfieri, Consigliere delegato all’Agricoltura del presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, occorre puntare sulle grandi qualità espresse dal territorio: “15 DOC, 4 DOCG, 10 IGP – sottolinea Alfieri – simboleggiano il grande progresso che le cantine campane stanno facendo in tema soprattutto di export”.
Il vino, dunque, ambasciatore della Campania nel mondo?
Il vino testimonia la bellezza delle nostre aree, dei beni culturali e delle nostre tradizioni da promuovere nel mondo, puntando sulla bellezza dei nostri parchi e delle aree a vocazione vitivinicola, interne e costiere. Questo, ovviamente, coniugato alla straordinaria enogastronomia che esprime la Campania: siamo nella terra della dieta mediterranea, ed il vino quindi quindi rappresenta un elemento importante che completa quello che è uno stile di vita e una corretta alimentazione.
Qual è l’impegno della Regione per lo sviluppo del settore enologico?
C’è un forte impegno per il settore agricolo con il PSR, con risorse, per il 2014-2020 di oltre 1,8 miliardi, per sostenere anche le attività legate alla produzione, trasformazione e commercializzazione del vino. La Regione è impegnata in un intenso processo di valorizzazione e di promozione: Vinitaly è una delle manifestazioni più importanti in Europa, dove abbiamo dimostrato, nell’edizione di quest’anno, un cambio di passo, una qualità e gradevolezza dei nostri stand, dove come Regione siamo presenti con tutte le aziende campane, grazie alla collaborazione dei consorzi di tutela e delle associazioni di categoria. Lavoriamo anche su altri eventi, come Vitigno Italia di Napoli, oltre a tutta una serie di manifestazioni sui territori.
E’ possibile fare rete sulla valorizzazione delle tipicità?
Puntiamo ad un coordinamento tra i consorzi, che hanno la grande responsabilità di aggregare le aziende che si trovano in un territorio a produrre del vino di qualità. Ma non basta, perché avere tanti pezzi del vino sul territorio e non fare massa critica e non arrivare sui mercati è sbagliato. Per questa ragione abbiamo istituito un coordinamento per lavorare insieme senza competizione, senza gelosie, ma con grandi sinergie, e soprattutto tenendo presenti le identità dei territori.
Come potrebbero essere più competitive le aziende campane?
L’elemento di debolezza e di fragilità delle nostre aziende è la dimensione: troppe e piccole. Contiamo circa 400 cantine con una produzione minima. Produciamo solo l’1% del vino di marchio che si produce in Italia. E se a produrlo sono 400 cantine vuol dire che abbiamo un numero di bottiglie esiguo e competere con le grandi aziende, anche italiane, diventa difficile. Quindi le parole d’ordine sono la qualità e la cooperazione. Non serve avere tante etichette, basterebbe mettersi insieme, come hanno fatto alcune cooperative, in particolare nel Beneventano, che hanno fatto massa critica e hanno un grande successo, soprattutto all’estero, perché si possono presentare con un numero di bottiglie tali da soddisfare la grande richiesta di vini italiani.
E’ possibile creare in Campania vetrine espositive o centri per la diffusione della cultura del vino?
La valorizzazione del prodotto deve avvenire principalmente nella terra dove si produce. Abbiamo delle enoteche regionali e provinciali che vanno migliorate, valorizzate e messe in rete. Inoltre, un privato ha ottenuto un finanziamento da Invitalia per la creazione di un Museo del Vino. Sarebbe molto interessante una politica di informazione del consumo del vino in modo consapevole, attraverso la conoscenza, come già fanno le associazioni dei sommelier attraverso la rete di ristorazione regionale, fomando professionisti che conoscono i vini campani per presentarli al consumatore nel modo più completo. Una bella operazione di promozione, ma anche di conoscenza tra i giovani, che oggi purtroppo abusano di superalcolici e non conoscono il gusto e il bello del vino.
Quali le ricadute economiche e occupazionali sull’intera filiera enogastronomica regionale?
La vitivinicoltura concorre alla soluzione del problema occupazionale, è un settore dove ci sono molti giovani titolari di aziende, quindi un comparto dove il ricambio generazionale funziona meglio che in altri ambiti dell’agricoltura. Ma bisogna lavorarci, perché c’è entusiasmo e remunerazione, quando le cose si fanno bene e si riesce a produrre qualità.
> di Francesco Bellofatto