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Dea Bendata: lo scomodo e tifo da stadio

  22 Febbraio 2018
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Dico la verità: di votazioni, in questo periodo, non ne voglio proprio sentir parlare. Tantomeno di essere un giurato e giudicare (piuttosto, alla Georges Simenon, preferisco approfondire, cerco di capire) o fare classifiche di sorta.

Ma, quando la serata è da Ciro Coccia, con la complicità irrinunciabile e professionale di Laura Gambacorta, un pensierino ce lo faccio ed affronto il vento gelido del lungomare di Pozzuoli (terra e mare, quello flegreo, di grandi gusti e frutti) per varcare la soglia della Dea Bendata.

Ma c’è un ulteriore motivo che mi ha spinto verso la pizzeria di Ciro: d’intesa con Laura ha costruito un insolito challenge dedicato ad una tradizione che lega intimamente la pizza al menage familiare, lo scomodo.

Cos’è lo scomodo? E’ l’abitudine di portare da casa gli ingredienti in pizzeria, e di pagare, appunto, solo lo “scomodo” di metterli su pizza e passarla al forno. Una tradizione che, motivata dal non voler rinunciare alla pizza, nonostante le ristrettezze economiche familiari, ho rivisto in tempi recenti da Fortuna, la “casamadre” (oggi gestita dallo stesso Ciro) alla Duchesca che porta il nome della nonna dei Coccia. E per rituale alla vigilia non ho saputo rinunciare al mio rito della pizza a portafoglio nel locale a due passi da piazza Garibaldi.

Ma torniamo a Pozzuoli e alla Dea Bendata: il freddo e l’umido del lungomare sono solo un ricordo al cospetto del calore, non solo umano, all’interno della pizzeria. Basta uno sguardo ai concorrenti che si sfideranno con le loro pizze innovative, per capire che si fa sul serio. I cinque, la prima batteria della gara (la seconda martedì 27 febbraio), si guardano in cagnesco, sulle prime non si rivolgono la parola, ognuno tenendo gelosamente custodite le parattelle con gli ingredienti che poi affideranno nelle sapiente mani di Ciro.

A scaldare la serata ci pensa la colorita claque degli sfidanti e la selezione delle ottime Birre dei Mastri Birrai Umbri (con uno straordinario abbinamento con le pizze in concorso).

Attentissima la giuria, compita ma non troppo…

L’entrata è affidata a Danilo Carannante (montanara al gambero marinato agli agrumi con stracciata di bufala, erba cipollina e mandorle tostate); segue Mariagrazia Vitelli (pizza “Mariagrazia”: bianca con carciofi, coppata, provola di bufala, scaglie di parmigiano e tarallo sbriciolato); poi Teresa Zigari (pizza con pesto di basilico, rucola, mandorle tostate, taleggio, fiordilatte e parmigiano); Stefania Bertucci (pizza “Molisana” con zucca, salsiccia stagionata con finocchietto, caciocavallo tipico molisano); infine Edoardo Duilio (pizza con ragù di polpo, scaglie di pecorino romano DOP e tarallo sbriciolato).

Il meccanismo di votazione è di quelli a prova di infiltrazioni e deviazioni (giuria di esperti, di sostenitori e web. Mancava il televoto). Devo dire che l’opinione dei giurati è stata quasi unanime, assegnando la Palma alla Vitelli, seguita dalla montanara di Carannante e dalla pizza al pesto di Teresa Zigari. Dopo i voti raccolti sul social, la vincitrice della serata dovrà affrontare il campione (o la campionessa) di martedì 27 febbraio.

Un bel modo, insomma, per fare comunità intorno al cibo, ritrovarsi, parlare. E spegnere per un attimo i cellulari, o almeno alzare gli occhi dallo schermo, guardare il commensale di fronte, sorridere e parlare, magari di cibo, ma parlare. La tavola, si sa, da sempre, è il logo per riunirsi, magari anche per scontrarsi. Comunque per ritrovarsi.

Lo scomodo, con gli ingredienti per la farcitura portati da casa, è il prolungamento della cucina familiare verso la pizzeria. Con il suo portato di emozioni, valori e sorrisi legati al gusto. E’ il potere taumaturgico del Cibo (quello con la C maiuscola).

Ah, dimenticavo, per me il vincitore, con i suoi impasti e la cottura impeccabile che trattiene tutti i profumi della farcitura, è Ciro Coccia.

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