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Rubrica Campania che bevi: Il momento del baccalà. Brindiamo con…

  23 Ottobre 2018

Piccolo e grande. Su una scala graduata che li rappresenti, un monovitigno Coda di Volpe e un Taurasi starebbero in questo ordine. Eppure entrambi esprimono, senza considerare nel mezzo i grandi bianchi del tridente Docg campano, Greco di Tufo e Fiano di Avellino, in maniera peculiare, la fierezza della campagna irpina. Quella che, per fortuna, ha saputo difendere con i denti piccoli vitigni che sarebbe stato facile dimenticare (cosa dire del raro ed emozionante Greco Musc?) e che agita alta la bandiera del suo rosso più imponente: il Taurasi. Ne assaggiamo due da manuale, due etichette che mettono, ciascuna per proprio conto, tutti d’accordo e li abbiniamo ad un gran protagonista della cucina campana: il baccalà. Oggetto di una inconsueta e meritata rinascita.

Bellona, bella e feroce dea nella guerra, micidiale in battaglia e dolce nella vita, amava festeggiare i suoi trionfi insieme alle truppe, innaffiando le sue libagioni con un vino inebriante. Il Bianco di Bellona della Cantina Milena Pepe è una sferzata di energia. Del tutto simile, nella personalità, a questa giovane enologa e Donna del vino cresciuta in Belgio e tornata alla terra del padre: l’Irpinia. Con il suo colore sfavillante e sentori di cedro e ananas, questo calice anche gradevolmente minerale, fa il paio perfetto con un aperitivo fatto a base di baccalà in pastella. Magari da intingere in una maionese leggera aromatizzata allo zenzero.

Vigna Macchia dei Goti, il Taurasi di Antonio Caggiano, splendida azienda di Taurasi, è un vino didascalico. Impeccabile e sempre unico. Nelle annate più fortunate, perfino emozionante.

Il baccalà alla vicentina, alla veneziana ed ogni loro declinazione (come le paste ripiene nelle quali si cimentano gli chef di tutta Italia) lo accompagnano egregiamente. Ma nella cucina campana il pomodoro domina incontrastato e trovare una ricetta, che sia tale, senza, è quasi impossibile. Vitalità, potenza ed eleganza caratterizzano questo calice armonioso che degustato “giovane” ha il pregio di un’ottima bevibilità. Ecco perché lo immaginiamo su un baccalà in tegame, ben rosolato per richiamare le note più mature di carrube, prugna secca e cenere del vino.

> di Monica Piscitelli

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