RUBRICA NARRARE IL SUD: Le due città di Starnone
08 Febbraio 2019
È il ricordo di un’infanzia difficile il filo conduttore dell’intima vicenda di via Gemito, capolavoro dello scrittore napoletano Domenico Starnone, e il ricordo è innanzitutto legato a due strade di Napoli.
“Via Gemito mi appartiene, nel bene e nel male è la strada della mia infanzia; corso Arnaldo Lucci, invece, mi sembrò subito una via adatta soltanto a mio padre, rumorosa, affollata, pericolosa. I palazzi scrostati, il fracasso delle auto e dei treni, il flusso della brutta gente, nemmeno un albero”.
Mimì ricostruisce senza indulgenza le tappe della sua crescita profondamente segnate dalla relazione col padre, ferroviere e artista frustrato. “Dipingere. Federì si è sempre arrovellato su questa passione assoluta della sua vita lunga. Gli pareva che se avesse avuto più danaro, più spazio più luce, avrebbe dato compimento al suo destino di pittore con maggiore rapidità e con maggiore efficacia”.
La memoria di Mimì deve continuamente confrontarsi con i luoghi che lo hanno visto crescere, così Napoli è tra i protagonisti del romanzo fin dal titolo e dalle sue prime pagine.
È la città uscita malconcia dalla guerra a cui si riconosce il coraggio dell’insurrezione contro i nazifascisti nelle Quattro Giornate, quando “i giovani patrioti ebbero ragione del tedesco vile e feroce…”
È la città difficile, dove la miseria fa sentire i suoi morsi e il lavoro diventa l’urgenza che incattivisce Federì, disperato ed eroico nel perseguire con ostinazione il suo percorso artistico.
È la città di sopra che non dialoga con la città di sotto: via Gemito e il corso Arnaldo Lucci “sono spazi distanti, zone diverse di Napoli e dei sentimenti”.
È la citta delle strade in cui Mimì, incapace di una riconciliazione col suo passato, va a cercare i suoi fantasmi come a volerli stanare per estirparseli dal cuore.
> di Vincenza Alfano