Rubrica “Non Solo Soldi”: I processi che dovrebbero avanzare nella futura Napoli Metropolitana
27 Maggio 2019
Un triangolo potrebbe collegare Milano, Torino e Napoli. Il Nord Ovest cresce e produce mentre la metropoli napoletana è dispersiva al suo interno ed è, certamente, diversa da Milano e Torino. Politica debole, società divisa, imprese ed apparati statali sono gli ostacoli da superare, per Napoli: ma questo per ora è una scommessa. Forse, ma nel tempo, potrebbe tornare ad essere una grande metropoli contemporanea.
Dividendo in due la Campania ed il Nord Ovest, il triangolo Milano, Torino e Napoli esprime la diversità dell’economia e della politica, ma anche della comunità, della caduta di tono e dei problemi da affrontare: che non riescono a cooperare tra loro le tre metropoli. Insomma si separano Nord Ovest e Campania ma, sia le province che circondano Napoli, che le altre regioni meridionali, si chiudono in se stesse e, di conseguenza, perdono la capacità creativa della crescita e dello sviluppo.
Napoli rimane fragile mentre Milano e Torino si consolidano ed allungano la propria forza. Milano, in particolare, finisce per ridefinirsi come l’ultima metropoli europea che possa alimentare una relazione positiva tra il mediterraneo e gli sviluppi che ne verranno.
Nonostante tutto Napoli è riuscita spesso a risalire o a cadere. La trasformazione, che durava dagli anni Ottanta, aveva percorso i Novanta e la lunga stagnazione del nuovo millennio: il crollo delle banche americane nel 2008 ci ha tagliato le gambe. Non si tratta solo di una caduta dell’industria: si affianca un terziario scadente ed uno squilibrio tra il settore pubblico ed un processo imprenditoriale. Si aggiunge una crescente quantità di popolazione marginale, una pesante disoccupazione ed un’area di lavoro nero; infine anche una forza aggressiva e criminale.
Ma, paradossalmente, a partire dal 2014, il rimbalzo dell’industria, del turismo, dei beni culturali, della ricerca e dell’innovazione, apre un processo di crescita a Napoli e nelle province della Campania. Tre milioni di persone si ritrovano nella metropoli. L’economia, in un tono minore, rispetto al nord ovest, comincia a riprendere quota.
Con alcuni scompensi. Ci sono ottime università ed academy che spingono meccatronica, robotica, logistica, chimica e fisica di grande profilo. Questa spinta appassiona i giovani che scelgono e si collegano con i docenti che producono innovazione nelle Università napoletane. Una parte delle imprese, che ha superato la crisi ed è riuscita a chiudere il cerchio tra produzione innovativa e ricerca, propone orizzonti importanti e produce anche un modo diverso di trasformare l’industria ed il cambiamento. Un’altra parte delle imprese, invece, non riesce a percepire progetti di qualità e rimane indietro, chiudendosi in se stessa.
Ma non è solo la spinta dell’innovazione industriale che produce ricchezza.
Si affiancano sviluppi commerciali nel food&beverage; moda&glamour; Bed&Breakfast; banche e finanza, prodotti assicurativi; un’area debole di scambi commerciali; grandi progetti nei “turismi” e nei beni culturali.
Del resto da quaranta anni non riusciamo a realizzare una metropolitana adeguata. Sono ancora fragili educazione scolastica, sanità e la grande macchina amministrativa della metropoli napoletana, delle sue aziende difficili da gestire, della necessità di chiudere enormi defezioni amministrative. Ma non si tratta solo di mettere a confronto il bene ed il male di un mercato, pubblico e privato, che si sta incrementando. Secondo un bravo giornalista, Antonio Polito, “se Napoli non fa pulizia di questa sua anima lazzara, della sottocultura che la malavita esporta nella società, stabilendo modelli e stili di vita, è davvero difficile che possa diventare la Berlino del prossimo decennio”.
Insomma, siamo sul percorso di un sentiero difficile. Ci servirebbe uno scatto di reni per alimentare il futuro prossimo. Ma esiste una parte della società napoletana che possa dare un colpo di coda e recuperare la forza e l’intelligenza necessarie per trasformare in un triangolo virtuoso Napoli, Milano e Torino?
> di Massimo Lo Cicero