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Questione Meridionale? Riuscire a fare rete

  12 Giugno 2019

Il dibattito sul ruolo della cultura per arginare la crisi

Che la questione meridionale nasca per l’immobilismo ancora feudale del Cinquecento – come sostiene Giuseppe Galasso nella sua “Intervista sulla storia di Napoli” recentemente ripubblicata da Laterza – oppure grazie a un’unità nazionale malriuscita, le sue conseguenze sono lampanti ancora oggi. E il contrasto si fa ancora più marcato per il fatto che Napoli viva un momento di estrema fertilità creativa, con oltre cinquanta romanzieri attivi e residenti sul territorio, per non parlare di musicisti, artisti visivi, attori e intellettuali di ogni genere. Nel dibattito avviatosi a gennaio tra me, Fabrizio D’Esposito e Pietrangelo Buttafuoco sulle pagine del Fatto Quotidiano, sostenevo che l’iper-proliferazione dell’immaginario fosse l’unica risposta possibile per una città in cui i mezzi di produzione e l’apparato industriale risentissero più che altrove della crisi economica. Vorrei aggiungere dell’altro, e cioè che l’identità napoletana, sempre così esposta al rischio di perdersi o di contaminarsi fino a cancellarsi, nelle continue colonizzazioni della storia antica e recente, deve divenire ipertrofica per poter resistere: deve, in sostanza, affermarsi in maniera esorbitante, al rischio di apparire ridondante, per potersi far ascoltare all’esterno.

È questo il contesto entro cui si inquadra la recente e per alcuni versi ancora incipiente esplosione creativa: in un momento di attacco profondo all’economia e all’equilibrio sociale del meridione, condotto in maniera fintamente a-ideologica e profondamente politica, gli intellettuali napoletani rispondono come possono, utilizzando i loro strumenti. Sicuramente con qualità e risultati differenti, a volte sfociando nell’oleografia più retriva e altre volte nel gomorrismo più spinto, ma sempre con un profondo senso di elaborazione del concetto di identità. Come ha dichiarato Domenico Ciruzzi, presidente del Premio Napoli:

“Il problema è riuscire a fare rete, a far decollare dal Sud i prodotti culturali che spesso vengono svenduti al nord. Una quindicina di anni fa, da Presidente della Camera Penale, proposi un rilancio della questione meridionale. L’eccesso di spinte federaliste di oggi è una strada sbagliata: tutto è interconnesso, non si può pensare al sovranismo come a una soluzione”.

E qui la questione potrebbe allargarsi a dismisura, visto che la pubblicistica ha prodotto nel corso dei decenni dozzine se non centinaia di saggi inerenti all’argomento: perlomeno dai tempi de “L’Armonia perduta”, quando Raffaele La Capria evidenziava la necessità della cultura napoletana di svendere la propria immagine – un’immagine costruita a tavolino, su misura, per adeguarsi alla richiesta di stereotipi propagandistici, di elogi di una terra tutta lazzi e piaceri – pur di sopravvivere. Tuttavia, nel magma del pulcinellismo e del gomorrismo, resiste una nouvelle vague di autori che si sforzano di isolare i nodi storici del passato e dunque di ridiscutere il fatidico attributo di “napoletanità”, per verificarne la tenuta e soprattutto sondarne l’attualità.

Di sicuro alcune scrittrici, sensibili per vocazione alle differenze e alle istanze delle minoranze, approcciano la questione dell’identità ricorrendo sapientemente al genere letterario (il romanzo storico) o anche al reportage narrativo a cavallo tra saggistica e ction: è il caso naturalmente di Elena Ferrante, ma anche di Viola Ardone, Agnese Palumbo, Antonella Ossorio, Iaia Caputo e ovviamente Roberto Saviano. A queste andrebbero aggiunti diversi autori di vecchia o nuova generazione che invece, senza affrontare il tema da un’angolazione storica, problematizzano ad ogni modo la condizione di “meridionalità” e la rapportano a quella più generale di “italianità”. Al riguardo, l’elenco potrebbe essere lungo: dai capo la Giuseppe Montesano, Valeria Parrella, Davide Morganti e Peppe Lanzetta ai più giovani Massimo Cacciapuoti, Antonio Menna, Massimiliano Virgilio, Gianni Solla, Martin Rua, Maurizio Ponticello, Marco Perillo, Andrej Longo, Marco Marsullo.

In tempi di assenza della politica, la letteratura trova risorse in se stessa per rispondere alle problematiche del presente.

> di Angelo Petrella

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