Quarantena: leggerezza e libertà
08 Aprile 2020
Io sono fortunato.
Fortunato perché vivo in luogo in cui il virus non ha attecchito, è una minaccia lontana, e spaventa allo stesso modo in cui spaventano i fantasmi in una casa infestata. Nessuno li vede, ma tutti sentono il loro fiato sul collo. Io sono fortunato perché vivo in un paese, San Clemente di Caserta. E in paese l’immobilità e la sospensione del tempo sono dimensioni comuni. Io sono fortunato perché vivo circondato dai figli dei miei vicini. Bambini ancora troppo piccoli per comprendere le difficoltà che la Nazione è chiamata ad affrontare e che in futuro, magari, ricorderanno di questo periodo le lunghe giornate passate in casa a giocare con i genitori. Quei genitori che di solito sono impegnati dal lavoro e dai problemiche affronta chi vuole garantire ai propri figli una vita degna di questo nome. Sento le loro risate, gli schiamazzi, di tanto in tanto anche i loro pianti, provocati da non so che capriccio irrealizzato. Ma, appunto, io sono fortunato. Perché mi sono ritrovato ad affrontare il dramma circondato dalla leggerezza.
In generale non posso lamentarmi, così come non possono lamentarsi coloro che condividono con me tali privilegi. Siamo rinchiusi, questo è vero, ma in gabbie dorate. In famiglia c’è chi si occupa della spesa, chi si reca di tanto in tanto al tabacchino, chi decide in autonomia – non succede mai – di scendere a gettare la spazzatura. Per il resto ognuno fa le sue cose, come le ha sempre fatte.
Ho una sorella che frequenta il liceo. Lei la mattina svolge le lezioni online. O meglio, ci prova. Non sempre gli orari vengono rispettati e le ore perse sono finite in un limbo da quale non usciranno. Io, invece, sono un universitario. Fortuna – ancora – ha voluto, che essendo prossimo alla laurea, io non abbia corsi da seguire. Ma comunque, in un modo o nell’altro, tutti si sono arrangiati come meglio hanno potuto. Si è cercato di nascondere l’anormalità sotto un velo di parvenza di normalità. Ed è qui che c’è l’inghippo.
Se mi fermo a pensare che sono stato privato della libertà di cui ho sempre goduto, mi abbatto. Non perché io la rivoglia ora, in un momento in cui sarebbe irresponsabile goderne. Ma perché misure tanto rigorose, prese per arginare gli effetti negativi di una situazione così tanto drastica, mi hanno portato a riconsiderare alcuni aspetti del mio vivere. La libertà è un diritto, ma in alcuni momenti sembra più un privilegio. Un privilegio per cui molti prima di noi hanno lottato. Un privilegio per cui dobbiamo continuare a lottare. E la nostra lotta consiste nel prendere atto che la libertà, ora, è in pericolo. Solo continuando a sacrificare una parte della nostra routine potremo superare l’ostacolo.
Uniti come popolo, uniti come uomini.
> di Marco Cutillo