Domenico Sepe e la ricerca dell’eterno
23 Luglio 2020
Artista del sacro e del mitologico, ambisce a rendere immortale lo spirito dell’opera
Ho visto un angelo nel marmo ed ho scolpito fino a liberarlo.Parole nate dal genio di Michelangelo Buonarroti, trasmesse al cuore e alle mani di Domenico Sepe, artista partenopeo a tutto tondo che immortala il tempo attraverso le sue opere. Scultore, pittore e scenografo, il suo primo incontro con l’arte avviene durante l’infanzia, giocando con la terra, inconsapevole che un giorno quella materia sarebbe diventata embrione del suo talento.
È nel viaggio in Grecia che prende coscienza di quale sia la strada giusta, quando viene sopraffatto dalle meraviglie ospitate al Museo archeologico di Olimpia. “In quella terra antica mi sentivo a casa”, dice lo scultore, ripensando alla classicità di cui l’isola ne è plasmata e della quale, innamorato, ne cattura ogni sfumatura per scolpirla nella sua arte. Artista del sacro e del mitologico, Domenico rettifica la sua arte definendola spirituale. Ambisce a rendere eterno lo spirito dell’opera, visualizzando l’immagine completa nello spazio prima ancora di sfiorare l’argilla. Predilige il bronzo, essendo vuoto all’interno, i Greci credevano che in ogni opera aleggiasse l’anima, che Sepe deifica nell’espressione del viso delle sue opere.
Lo scultore paragona il suo processo di creazione alla metafora del “toccare il fondo”. Nello stesso istante in cui si urta il suolo e si riceve la spinta necessaria per risalire verso la luce, nell’emergere si esplode nella bellezza, e quindi nell’opera finita. “La bellezza è la nostra interiorità che si rapporta con il mondo esterno”, approfondisce Sepe, volgendo lo sguardo alla figura femminile che santifica. Svariati gli omaggi alla donna, come Divino Tormento e Divino Segreto. Ancora, la Vittoria Alata, esposta a Sanremo. Padre dell’associazione Salotto culturale tematico, Domenico ospita tra argilla, targhe e premi, incontri tra intellettuali che danno e ricevono. È docente di arte e immagine, disegno e storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti. Sceglie la scuola alle Gallerie per poter trasmettere la propria competenza, permettendogli, inoltre, di parlare al pubblico tramite i monumenti di piazza.
“È un ruolo di grande responsabilità. L’artista deve immedesimarsi in quel luogo, nei colori, negli odori, nelle architetture”, dichiara.
Importante è la scultura di San Giorgio Martire che lo ha condotto dal Papa, il quale ha accolto Domenico in udienza privata, benedicendo l’opera, e portandolo alla sensazione di ricevere un Sacramento, conferma dello spirito. In corso d’opera vi sono: Il Cristo Rivelato omaggio a Sammartino e La Fontana dell’amore, simbolo della città di Matera.“Terminate le opere del 2020 lascerò spazio al disegno. Ho sperimentato altri materiali ma l’unica risposta vera mi è stata data ancora una volta dal bronzo e dalla figura; pilastri su cui fonderò il futuro”. Domenico Sepe semina germogli per altre meraviglie. Le scopriremo magari in un libro sulla scultura, che lui stesso dice di voler scrivere, raggiungendo quell’eternità tanto agognata.
di Nunzia Caricchio