Le nuove sfide degli atenei
19 Aprile 2021
Il mondo post-Covid richiede competenze e investimenti per uscire dalla crisi. I rettori dell’Istituto Orientale di Napoli e del Suor Orsola Benincasa raccontano l’Università tra presente e futuro
Semplificare, liberalizzare, investi- re: sono queste le tre parole chiave per la nuova Università post-Covid, secondo quanto richiesto dai 300 accademici del think tank Lettera 150 in un appello al presidente incaricato Mario Draghi. L’utilizzo del Recovery Fund è il tema del momento, la luce in fondo al tunnel pandemico che grazie ai 209 sospirati miliardi di finanziamenti europei permetterà la rinascita del Paese. Alla luce delle problematiche emerse negli ultimi 13 mesi un nuovo mondo si è già configurato, tanto che «cosa fare del Recovery Fund» più che capacità predittive implicherà l’assecondare il movimento, seguire il flusso di quanto determinato dall’emergenza sanitaria, economica e sociale. Maria Cristina Messa è la nuova Ministra dell’Università e della Ricerca nominata da Mario Draghi. Messa è stata rettrice dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e in precedenza vicepresidente del CNR. Un tecnico di altissimo valore ed esperienza, estremamente impegnata nella parità di genere, cui è affidato un delicato investimento per il futuro. Nell’attesa che tale futuro si compia – o quanto meno se ne abbozzino i lineamenti -, Dodici Magazine ha raggiunto i rettori dell’Istituto Universitario Orientale e del Suor Orsola Benincasa in cerca di coordinate per orientarsi in questo strano spartiacque tra presente e futuro.
Uno sguardo sul presente con Roberto Tottoli, rettore dell’Istituto Universitario Orientale.
L’ Orientale registra attualmente una crescita record del 32 per cento. «Da dieci anni – dichiara il rettore Roberto Tottoli – siamo in crescita continua. Quest’anno le immatricolazioni sono state circa tremila, mentre gli iscritti sono 13 mila. Come mai questa impennata? Certamente ha influito la so- stanziale detassazione decisa dal governo per le fasce più basse, una scelta lodevole soprattutto in questa situazione: secondo i nostri calcoli non hanno pagato le tasse tre studenti su quattro. Contrariamente a quanto si possa credere, ha giocato un ruolo positivo anche la didattica a distanza: molti ragazzi hanno “provato” seguendo i corsi da casa. Un grande vantaggio soprattutto per i fuorisede che per ora non hanno dovuto affrontare molte spese, e magari non hanno pagato le tasse». Che tra gli effetti secondari della pandemia vi sia la concretizzazione temporanea del diritto all’istruzione universitaria gratuita, lungamente reclamato da gruppi di studenti e docenti, e sostenuto da raggruppamenti politici, fa un certo effetto. Certo la detassazione ha influito anche sui conti delle università. «Noi abbiamo incassato almeno 3 milioni in meno su un bilancio di 45, ma – precisa Tottoli – il Fondo di finanziamento ordinario dovrebbe essere incrementato per coprire le minori entrate, ovviamente a tutti». La sfida sarà quindi riuscire a conservare gli studenti quando la situazione sarà tornata alla normalità. «Non solo – commenta il rettore – speriamo di riuscire ad avere più docenti, perché già ora paradossalmente soffriamo di troppa attrattività: c’è uno sbilanciamento del numero di professori rispetto agli studenti».
In attesa di riprendere la didattica in presenza, l’Orientale rilancia la ricerca incrementando di un milione i finanziamenti, che finora erano stati di circa 300 mila euro l’anno per i tre dipartimenti. «Questi fondi della ricerca sono stati ripartiti nella misura di 250.000 euro circa per dipartimento mentre la parte più consistente sarà prevista a breve per finanziare progetti pluriennali e di maggiore respiro a livello di Ateneo. In questo modo puntiamo a migliorare la già ottima valutazione ottenuta a fine 2019. Nella stessa ottica vogliamo anche sviluppare una competitività interna più accentuata», afferma Roberto Tottoli, che a marzo, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2020-21 dell’Accademia delle Scienze di Torino, è stato proclamato socio corrispondente.
Verso quale futuro si dirige l’Università?
Ne parla Lucio D’Alessandro, rettore del Suor Orsola Benincasa
«Parto da una constatazione di carattere generale. Se c’è una cosa che la crisi innescata dal Covid-19 ha dimostrato è che la società, per risolvere i propri problemi, ha bisogno di competenze: nella ricerca scientifica, nei processi di innovazione tecnologica, nella migliore gestione delle risorse umane e ambientali» afferma Lucio D’Alessandro. «Durante l’emergenza pandemica, l’Università ha saputo reagire presto e bene proprio perché è il luogo più ricco di competenze, abituato per sua natura a ricalibrare l’imponente eredità del sapere consegnatoci dal passato in funzione delle esigenze rinnovate del presente e del futuro». Si può trasformare la sfida del Covid in opportunità? «L’Università nel mondo post-Covid dovrà intanto cogliere le opportunità aperte dall’accelerazione impressa alle tecnologie dell’educazione: senza rinunciare mai alla vicinanza e alla presenza, potrà tuttavia ampliare la propria capacità di offrire la migliore formazione attraverso un uso sapiente del digitale. Nel mio Ateneo si è già registrato un considerevole aumento di studenti, anche di quelli provenienti da altre sedi e da altre regioni che hanno scelto i nostri corsi, soprattutto di alta specializzazione (ad esempio quelli dedicati alle nuove frontiere dell’«e-government delle Pubbliche Amministrazioni», delle «medical humanities», della gestione delle risorse umane al tempo della transizione digitale), perché una buona didattica a distanza, non da “magazzino” ma sempre dal vivo e in diretta, ha fatto prevalere l’appetibilità dei corsi sulle difficoltà d’accesso. Si deve poi considerare che la transizione ecologica e digitale potrà essere la grande occasione per il lavoro nel Mezzogiorno: ma per coglierla occorre una formazione mirata del capitale umano. L’Università Suor Orsola Benincasa ha anticipato questa sfida ponendosi tra i primi atenei del Paese ad aver investito nella formazione di economisti e di giuristi capaci di coniugare, nelle aziende e nelle amministrazioni, la sostenibilità economica con la sostenibilità sociale e ambientale (green economy). E stiamo ora lavorando intensamente per una nuova declinazione dei corsi che contraddistinguono il nostro Ateneo quale leader nei settori di intersezione tra “humanities” e “technologies”: il turismo culturale 4.0, la pedagogia nel mondo digitale, i bisogni educativi speciali, la comunicazione innovativa, le lingue per le professioni, la criminologia clinica e la web-security».
di Simona Ciniglio