I volti di Napoli: Gianfelice Imparato
15 Novembre 2021
Un attore a tutto tondo, che con un inconfondibile tocco di eleganza, si divide tra teatro, cinema e televisione
È nato nella città di sportivi famosi come i fratelli Abbaganale, Fabio Quaglierella, Gennnaro Iezzo, Gigio Donnarumma, di attori indimenticabili come Enzo Cannavale, e soprattutto del grande Raffaele Viviani. Come ha scoperto la sua vocazione di attore?
«Sono nato a Castellamare di Stabia, città che ha sfornato anche giornalisti, magistrati, tante altre personalità di rilievo e attori come Antonio Milo, il brigadiere Maione con me nel cast della serie I bastardi di Pizzofalcone. Purtroppo tutto questo non basta a riscattare una città irredimibile. Studiavo Giurisprudenza a Napoli e facevo pratica presso uno studio legale. Ero avanti di un anno con gli studi e avevo dato già diversi esami e, senza che nessuno in famiglia mi avesse spinto in questa direzione, fui folgorato dall’idea di fare teatro. Mi presentai da Mico Galdieri che faceva dei provini per Assunta Spina, lo spettacolo che stava allestendo e che segnò il mio debutto. Da allora, non mi sono più fermato».
È divertente questo riferimento ad Assunta Spina. Nel recentissimo Qui rido io di Mario Martone, lei abbandonerà la compagnia di Eduardo Scarpetta per recitare proprio il dramma di Salvatore Di Giacomo.
«Si, in effetti, è un testo che ritrovo spesso lungo il percorso della mia carriera di attore a teatro. Ricordo che allora eravamo impegnati in delle tournée che duravano anche sette-otto mesi. Ho recitato nuovamente con Galdieri poi, quando andarono via Mauriello e Vetere, ho interpretato il secondo anno de La Gatta Cenerentola e, tra i tanti, come non ricordare i miei incontri con Giuffrè, Armando Pugliese e Alessandro D’Alatri, che prima della seconda serie de I bastardi di Pizzofalcone mi aveva diretto a teatro in Tante belle cose di Eduardo Erba e in Uomo e galantuomo di Eduardo De Filippo».
Al cinema ha esordito nel ‘78 con Giallo napoletano di Corbucci.
«Si, era solo una posa, ma con Marcello Mastroianni. Ero giovanissimo. Immagini la mia emozione all’esordio e al suo fianco».
Poi è stato diretto dai più grandi registi italiani: Moretti, Monicelli, Scola, Bellocchio, Sorrentino, Garrone, Castellitto, Marco Risi, Nanni Loy, Andò e da Paola Randi. Qualcuno che le ha permesso di improvvisare o è sempre stato costretto a seguire rigidamente il copione?
«In Qui rido io, dove interpreto Gennaro Pantalena, Martone ci ha permesso di portare delle piccole idee mentre recitavamo delle scene di Miseria e nobiltà e si è affidato in qualche modo a noi teatranti. L’esperienza di questo film è stata ancora più piacevole perché l’abbiamo girato al teatro Valle di Roma e recitavo del teatro al cinema. Con Mario ebbi un’esperienza bellissima con I dieci comandamenti di Raffaele Viviani, uno spettacolo meraviglioso, rappresentato per la prima e unica volta».
Come vive questo passaggio tra cinema, teatro e televisione?
«Casa mia è il teatro».
E il cinema e la televisione?
«Il cinema è la mia casa di vacanza e la televisione è un albergo che frequento, come cliente fisso, per lavoro».
Si racconta che dei grandi attori di teatro, quando recitano in televisione, devono fare sempre un grande lavoro di sottrazione perché sono spesso affiancati da attori giovani e con poca esperienza.
«Molti giovani pensano che la naturalezza sia come parlare nella vita che invece, si raggiunge attraverso un percorso molto complesso. Quando recito non è come fossi al bar con gli amici. Devo tener conto della situazione, del personaggio, del rapporto che ha con gli altri personaggi. Parecchie volte faccio anche fatica a capire cosa dicono. Ma è importante anche il clima che si crea su un set. Se, come è accaduto per I bastardi di Pizzofalcone, c’è un grande affiatamento e sintonia tra gli attori, questa energia positiva, questa speciale alchimia arriva allo spettatore».
I suoi prossimi film sono La santa piccola di Silvia Brunelli e Querido Fidel di Viviana Calò.
«Il primo è una favola girata a Napoli e nel secondo, un film molto tenero, sono il protagonista e interpreto un uomo grande estimatore di Fidel Castro, al punto che gli scrive ogni mese e riceve le sue risposte. Ma quest’uomo impone in casa le misure cubane come il razionamento dei legumi e dell’acqua per la doccia con grosso disappunto dei familiari e, nel corso del film, ci sarà spazio per una sorpresa».
di Ignazio Senatore