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presto che non faceva per me. Fu Galdieri che                                                                                                        51
fece una piccola cosa in teatro e mi volle con
lui. Nel 1979 Galdieri mi informò che Eduardo
cercava attori per un ruolo giovane. Mi disse
di andare ai provini e devo dire che il Maestro
non volle nemmeno sentirmi recitare. Parlò
un po’ con me e gli bastò perché subito mi
convocò per il primo lavoro. Dopo di lui ci
sono stati nomi come Mariano Rigillo, Giorgio
Albertazzi, Gigi Proietti, Giancarlo Giannini e
Francesco Rosi. Ma quello era un periodo in
cui c’era la possibilità.

La crisi ed i tagli alla cultura hanno messo in
ginocchio il teatro. Quali soluzioni immagi-
na?
Non saprei. Giorni fa a Roma Toni Servillo mi
ha detto in perfetto dialetto: “Giggì, noi dob-
biamo ringraziare ‘a Maronna se lavoriamo”.
Ma gli attori, in genere, sono lasciati soli dal-
le Istituzioni anche se in verità tutti dovreb-
bero mettere da parte le velleità, le invidie e
le presunzioni. Una volta questo lavoro lo si
faceva per mangiare, oggi lo si fa mostrarsi,
per il successo visivo e l’edonismo. L’attore
deve essere invece come un prete, deve sal-
vaguardare il proprio teatro come un tempio.
Una volta il grande Maestro Eduardo impose
ad un attore di togliersi il cappello entrando
in teatro. È l’etica che si dovrebbe recuperare.

                                                                Che rapporto ha con il cinema?
                                                                Ho fatto una decina di film, tutti
                                                                scelti da me perché di un certo
                                                                spessore. Se devo fare cinema, lo
                                                                faccio con una certa qualità.Tra
                                                                quelli che ricordo piacevolmente
                                                                ci sono “Scugnizzi” e “Pacco, dop-
                                                                pio pacco e contropaccotto”, due
                                                                pellicole del grande Nanni Loy. E
                                                                poi anche l’esperienza tedesca di
                                                                “Solino”, in cui venni diretto dal
                                                                regista di fama internazionale Fa-
                                                                tih Akin, e “Prima del tramonto”,
                                                                un film alla Quentin Tarantino fir-
                                                                mato da Stefano Incerti. Quando
                                                                c’è il cinema di qualità vado subito.

                                                                                                                             noveMBRE/dicembre 2013
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