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cultura

salvatore di giacomo

La voce poetica di Napoli

di Claudia Peruggini

Ottanta anni fa, nell’aprile del 1934, moriva il po-        scrive: “Nel giornalismo io sono non uno scrittore, ma
      eta Salvatore Di Giacomo. Non soltanto dram-          uno scrivano. La mia fissazione è questa, che Napoli è
maturgo, novelliere nero, saggista e autore di molte        una città disgraziata in mano di gente senza ingegno
poesie in lingua napoletana. Insieme a Ernesto Mu-          e senza cuore e senza iniziativa”. È un aristocratico con
rolo, Libero Bovio e E. A. Mario è anche protagonista       la paura di scendere nei “bassi” del popolo di Napoli.
dell’epoca d’oro della canzone napoletana. Versi ce-        Non vuole confondere la poesia con la volgarità, non
lebri come “Scetate, Carulì, ca l’aria è doce”, il famoso   vuole appartenere al popolo e ama cantare le bellez-
dramma “Assunta Spina”, la canzone “’E spingule fran-       ze di Posillipo. Come scrive Francesco Grisi: “Napo-
cese” sono frutto del suo ingegno e della sua penna.        li per Salvatore Di Giacomo è il regno della fantasia
La famosa finestra di Marechiaro è descritta nel 1885       dove le danze degli uomini si incrociano con le favole
in alcuni versi del poeta napoletano, in seguito musi-      e le magie”. Il poeta contemporaneo Amedeo Messina
cati dal compositore abruzzese Francesco Paolo Tosti.       spiega: “Il suo sentimentalismo è lontano dai giovani
“Marechiaro” è il ritratto di un villaggio tra le rocce di  di oggi e perciò andrebbe riproposto. La canzone è
Posillipo, dove una bella ragazza, Carolina, si affaccia    un mezzo importante per avvicinarsi alla poesia na-
da una finestra ricca di piante di garofano. Nel 1888, Di   poletana”. L’esordio dell’autore risale al 1882, quando
Giacomo scrive anche la celebre “‘E Spingule france-        la casa discografica Ricordi gli fa firmare un contratto
se”, musicata da Enrico De Leva. Un grande successo         e gli fa pubblicare “Nannì” e “E ghiammoncenne me’”.
riproposto proprio qualche anno fa dal cantante Mas-        Con “Era de maggio”, musicata da Mario Pasquale
simo Ranieri. Per il teatro è autore di “Assunta Spina”,    Costa, racconta la storia di due giovani innamorati, il
considerato il suo dramma più noto, tratto dalla no-        loro primo incontro in un giardino profumato di rose.
vella omonima, poi adattato per il cinema e per la te-      E ancora: “Luna Nova” e la spensierata “Oilì Oilà”, che
levisione. “Assunta Spina” è, infatti, un film del 1915 ed  a quel tempo non fa piacere ai benpensanti milane-
è ritenuta una delle pellicole di maggiore successo del     si incapaci di spiegarsi il motivo di tanta ilarità in un
cinema muto italiano. Francesca Bertini oltre a indos-      momento difficile per la città, colpita da gravi epide-
sare i panni della protagonista è considerata anche la      mie. Gli elementi della poesia di Salvatore sono il sole,
co-regista per i suoi frequenti interventi nella messa      la luna, il mare e le stagioni. Napoli piena di giardini,
in scena. Regista e sceneggiatore è Gustavo Serena.         di angoli incantati, di piccole osterie di campagna, di
Il dramma di Assunta Spina, bella lavandaia di Napoli,      spiaggette solitarie e di donne. Salvatore Di Giacomo,
che vive una passione amorosa con il fidanzato Mi-          emblema della risorta napoletanità, scrive per molti
chele Boccadifuoco è riproposto negli anni successivi.      giornali della città e riviste di cultura. Nel 1929 è nomi-
È del 1929 il film di Roberto Roberti e del 1948 quello     nato accademico d’Italia.
di Mario Mattioli con protagonisti Anna Magnani ed
Eduardo De Filippo. Nel 2006 la miniserie Assunta Spi-
na in due puntate, trasmessa in prima visione da Rai
Uno, ottiene il record di ascolti. Una delle fiction più
viste quell’anno. Ispirata all’omonimo dramma teatra-
le scritto da Salvatore Di Giacomo nel 1909, è amplia-
ta dalla sceneggiatura di Patrizia Carrano, diretta da
Riccardo Milani e interpretata dall’attrice Bianca Guac-
cero. Salvatore Di Giacomo è molto legato alla sua cit-
tà, ma allo stesso tempo nel 1886 ne “L’Occhialetto”

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