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infantile, statura e alfabetizzazione -, è quanto mai interes-       losa d’Europa dopo Londra e Parigi, e la sua provincia (forte
sante analizzare gli elementi che, più di successiva interpre-       anche delle rendite del Governo e della corte) poteva com-
tazione, possono offrire una fotografia dello stato dell’arte del    petere con le province più sviluppate del Nord-Ovest. Cen-
Paese.                                                               tocinquant’anni dopo, il Rapporto Svimez 2011
                                                                     sull’economia del Mezzogiorno presenta, invece, un Sud Ita-
  I numeri                                                           lia in piena recessione, che continua a crescere meno del
  Il Pil pro-capite in Italia dal 1861 a fine secolo era pratica-    Centro-Nord, dove lavora ufficialmente meno di un giovane
mente uguale tra Nord e Sud, anche perché la prevalenza del-         su tre, e dove il tasso di disoccupazione reale sarebbe del 25
l’agricoltura sull’industria avvantaggiava il meridione. Ma          per cento. Un’area a rischio stravolgimento demografico, in
questo nulla ci dice su chi ci abbia effettivamente apportato        cui nel 2050 gli “over 75” cresceranno di dieci punti percen-
o sottratto valore aggiunto al processo di unificazione. Certo,      tuali. Sempre in base alle valutazioni Svimez nel 2010 il Pil è
sarebbe riduttivo affermare che il Sud sia stato defraudato del      aumentato nel Mezzogiorno dello 0,2 per cento, in decisa
proprio (irreale) benessere, come affermato da alcune correnti       controtendenza rispetto al -4,5 per cento del 2009, ma di-
storiografiche minoritarie che tendono a valorizzare l’origi-        stante di un punto e mezzo percentuale dalla performance
nalità del Sud e ad attribuirne l’impoverimento alle politiche       del Centro-Nord (+1,7 per cento). E non va meglio nel medio
perseguite dal nuovo stato unitario. E altrettanto parziale ri-      periodo: negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2010, il Mezzo-
sulta la prospettiva della corrente storiografica maggioritaria,     giorno ha segnato una media annua negativa, -0,3 per cento,
                                                                     decisamente distante dal +3,5 per cento del Centro-Nord, a
L’APPROCCIO OLISTICO                                                 testimonianza del perdurante divario di sviluppo tra le due
ESAMINARE LE RELAZIONI NON LINEARI                                   aree. L’industria del Sud è a rischio estinzione: delle 533 mila
FRA GLI ELEMENTI DEL SISTEMA PAESE                                   unità perse in Italia tra il 2008 e il 2010, ben 281 mila sono
                                                                     nel Mezzogiorno. Nel Sud, dunque, pur essendo presenti
per la quale le differenze tra le diverse aree della penisola        meno del 30 per cento degli occupati italiani si concentra il
erano già ben marcate al momento dell’Unità, considerando,           60 per cento delle perdite di lavoro determinate dalla crisi.
in contrapposizione all’impianto di tipo feudale che ancora          Incide in questa area, più che altrove, il calo fortissimo del-
caratterizzava il Regno delle Due Sicilie, l’agricoltura inten-      l’occupazione industriale (meno 120 mila addetti, che vuol
siva della pianura Padana, l’impulso alla costruzione di strade      dire quasi il 15 per cento di calo, che diviene il 20 per cento
e ferrovie del Piemonte, e il ruolo del commercio e della fi-        in Campania). Inoltre, nel 2010 gli occupati in Italia sono stati
nanza. La “questione meridionale”, se esiste, rimane irrisolta       22 milioni 872mila unità, 153mila in meno rispetto al 2009,
tra l’uno e l’altro indirizzo e viene declinata ad libitum. Il dato  di cui 86.600 nel solo Mezzogiorno. Ma la vera e propria
certo, invece, mette in evidenza gli svantaggi del Paese preu-       emergenza è tra i giovani. Nel Mezzogiorno, il tasso di oc-
nitario - sovrappopolazione, mancanza di materie prime               cupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad ap-
(ferro e carbone), e base agricola dell’economia - rispetto agli     pena il 31,7 per cento (nel 2009 era del 33,3 per cento):
Stati dell’Europa occidentale: dei ventidue milioni di abitanti      praticamente al Sud lavora meno di un giovane su tre. Situa-
registrati dal censimento del 1861, solo otto erano occupati         zione drammatica per le giovani donne, ferme nel 2010, al
nell’agricoltura contro i tre occupati nell’industria e nell’arti-   23,3 per cento, 25 punti in meno rispetto al Nord del Paese
gianato; di questi, inoltre, l’80% circa era composto da donne       (56,5 per cento). È come se la «debolezza» sul mercato del la-
occupate stagionalmente. Non a caso, a parziale eccezione            voro, legata in tutto il Paese alla «condizione giovanile», al
della tessitura meccanizzata diffusa dal 1816 soprattutto nel        Sud si protraesse ben oltre l’età in cui ragionevolmente si può
Nord-Ovest, l’Italia è a tutti gli effetti un paese di seconda in-   parlare di «giovani». Dal “brain drain”, cioè dalla “fuga dei
dustrializzazione. Napoli, però, era la terza città più popo-        cervelli”, il drenaggio di capitale umano dalle aree deboli
                                                                     verso le aree a maggiore sviluppo, siamo ormai passati al

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