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STATUE EQUESTRI
Protome equina di Diomede Carafa
La grande testa di cavallo in bronzo, che un tempo contribuiva ad adornare il
cortile di Palazzo Carafa, è stata sostituita da una riproduzione in terracotta.
L’originale è al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Attorno a paternità e
datazione dell’opera è sorta una lunga diatriba, oggi giunta a conclusioni
condivise. A sviare studiosi ed esperti furono la penna del Vasari, che nella
prima edizione delle Vite la segnalò come reperto archeologico, e le leggende
partenopee che la volevano opera virgiliana. In realtà, Alfonso V d’Aragona,
re di Napoli dal 1442 al 1458, ambiva a farsi immortalare in un monumento
equestre simile a quello che Donatello stava concludendo per il Gattamelata.
Lo scultore fu ingaggiato ma, a causa delle troppe commissioni e della morte
del sovrano, non riuscì a portare a termine il lavoro. Di esso rimase solo la
testa, che restò a Firenze fino a quando Lorenzo il Magnifico non decise di
inviarla in dono a Diomede Carafa, conte di Maddaloni.
Cavalli di bronzo
Le due grandi statue bronzee, raffiguranti un
cavallo domato dal palafreniere, sovrastano
l’entrata dei Giardini di Palazzo Reale sul versan-
te di Castel Nuovo. I "Cavalli russi" raccontano la
storia di un gemellaggio che sfida le distanze.
Verso la metà dell’Ottocento, lo zar di Russia
Nicola I, alla ricerca di un clima benefico per la
salute della moglie Aleksandra, scelse il Regno
della Due Sicilie come meta di una breve vacanza
ricostituente. Nella capitale la coppia imperiale ricevé una calorosissima accoglienza e lo zar strinse un forte
legame di amicizia e stima reciproca con re Ferdinando II di Borbone. Al ritorno in patria, volle spedire a
Napoli un dono prezioso come dimostrazione di riconoscenza e affetto per la città. Nel 1846 giunsero i
cavalli di bronzo, opera dell’artista russo Pjotr Klodt Von Jurgensburg. Posizionati in cima al cancello, che
prese così il nome di "Porta dello Zar", testimoniano il prestigio internazionale e la vitalità diplomatica del
Regno preunitario.
Statua di Nonio Balbo
Nel 1738 Carlo di Borbone diede nuovo impulso agli scavi di
Ercolano e riportò alla luce i resti del Teatro, della Villa dei Papiri
e della Basilica Noniana. All’ingresso di quest’ultima furono
rinvenute due grandi statue equestri in marmo, una delle quali
raffigurava Marco Nonio Balbo. Uno dei magistrati più illustri
dell’antica Ercolano in età augustea, che nel suo cursus hono-
rum ricoprì anche la carica di proconsole della provincia di
Creta-Cirene e combatté accanto a Ottaviano per la conquista
del potere. Dato il prestigio, non stupisce che Ercolano fosse
letteralmente invasa da monumenti raffiguranti Nonio Balbo,
con addirittura quattro statue equestri con le sue fattezze
collocate nel solo foro. I cicli scultorei ritrovati nel Settecento,
tra cui il cavaliere della Basilica Noniana, furono esposti
nell’Herculanense Museum, allestito in un’ala della Reggia di Portici, per poi essere trasferiti nel 1822 al
Palazzo degli Studi di Napoli, oggi Museo Archeologico Nazionale.
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