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questo verosimile avvenimento, è necessario riflettere       ghiotta per non chiosare con una breve digressione
sul fatto che, per colpa, o per merito, di un’antipatia,     architettonica. Questa mirabile costruzione, tra le più
magari momentanea, i destini di una nazione, e di un         belle dell’intera Penisola, staglia la sua mole maestosa
popolo, abbiano preso una piega anziché un’altra.            sulla centralissima napoletana via Toledo, spaccandola
Parliamo di quei famosi “se” che la storia si porta dietro,  di fatto a metà.
quei “se” che, a ben vedere, nascondono elementi             Con uno stile tra il barocco (il salone degli specchi,
casuali capaci di rendere imprevedibili gli esiti delle      per esempio) e il neoclassicismo (soprattutto la
’esperienze vissute dagli esseri umani (“Erlebnis”).         facciata), vanta natali di prim’ordine: la sua erezione
Sono stati tirati in ballo Garibaldi e Mazzini, ma si        nel “centro del centro” di Napoli, fu avviata da van
sarebbe potuto raccontare, senza modificare troppo           Wittel padre e conclusa dal figlio Carlo, e vide la
il senso del ragionamento, di un                             partecipazione, con piccoli interventi, di altre archistar
John Kennedy alle prese con la crisi                         del calibro di Ferdinando Fuga e Mario Gioffredo. Il
missilistica di Cuba o di un Annibale                        tutto impreziosito da alcuni affreschi del talentuoso e
costretto agli svaghi nella fatal Capua.                     goetheiano Fedele Fischetti, dalle canefore di Angelo
Le cose, insomma, sarebbero potute                           Viva e da tre dipinti di Francesco Solimena.
andare in modo diverso e, forse,                             A colpire tuttavia la curiosità del visitatore è il secondo
saremmo entrati in contatto con il                           dei due cortili interni che, di forma esagonale, si apre a
mondo che oggi conosciamo solo                               cannocchiale sul cielo della città. Una sorta di panorama
leggendo una copia un po’ ammuffita                          al contrario che sembra quasi voler suggerire riscritture
di un “The Grasshopper Lies Heavy”                           e visioni capovolte. C’è poi quel balcone, quello del
qualsiasi. Un “Destino cieco” bello e                        7 settembre, da lì Garibaldi parlò sul serio, in uno di
buono dunque che, almeno, non mette                          quei momenti nei quali “la storia non si ferma davvero
in discussione la bellezza dei luoghi                        davanti a un portone, la storia entra dentro le stanze,
in cui si svolse il presunto aneddoto                        le brucia, la storia dà torto e dà ragione. La storia siamo
iniziale, ossia il palazzo Doria d’Angri.                    noi, siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che
L’occasione, a questo punto, è troppo                        abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere”.

                                                                      d#dodicimagazine.com
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