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Rita Borsellino
La «nazimafia» di Totò Riina, come Stato con Cosa nostra.
la definisce Marino, attua un sempli- La prima vittima di questo teorema è Salvo Lima,
ce ragionamento: se i politici hanno andreottiano di ferro, colpevole di non essersi speso
utilizzato Cosa nostra per i loro inte- in Cassazione per favorire certi suoi “compari” e di
ressi elettorali, i Corleonesi possono non aver impedito al suo capo corrente, Presidente del
fare altrettanto ricattando, minac- Consiglio in carica, di varare ferree misure antimafia. Un
ciando o eliminando i politici che avvertimento pesante che, secondo alcuni, sottintende
non rispettano gli accordi stipulati. l’apertura di una vertenza con la casta governativa.
Cosa nostra pretenderebbe di “sottoscrivere” un nuovo
Insomma, se prima l’omicidio di un esponente istituzio- patto di legittimazione (il primo sarebbe stato sancito
con la strage di Portella delle ginestre nel 1947) per sal-
nale era un evento straordinario, che si verificava solo vaguardare, in una fase di rapido mutamento, il potere
territoriale e il vasto mercato dell’economia mafiosa. In
quando le coperture istituzionali e/o gli affari criminali assenza di risposte si procederà alla destabilizzazione
istituzionale.
rischiavano di saltare, ora può diventare un’azione Da questa angolazione lo stragismo mafioso (1992-
1993) sarebbe una “strategia della tensione criminale”,
ordinaria, connaturata all’aspirazione di far coincidere lo tesa a spaventare l’opinione pubblica con atti di terrori-
smo indiscriminato, ma simbolici, al fine di costringere
vecchi e nuovi interlocutori a sedersi al tavolo della
«trattativa». La scelta di uccidere Falcone e Borsellino e
i loro «angeli custodi», quindi, oltre ad essere una ven-
detta contro i due principali persecutori di Cosa nostra,
rientrerebbe in un programma di azione che, mentre im-
pedisce ad Andreotti di giungere al Quirinale, si prepara
a dialogare con soggetti disposti a soddisfare le richieste
di allentamento della repressione giudiziaria. Si è parlato
di «papello», di incontri segreti, di apparati deviati, di
partito autonomista mafioso, di accordi con potenti
lobbies affaristiche. Certo è che le stragi di Capaci e di
via D’Amelio gettono benzina sul fuoco della crisi, pro-
vocando la reazione civile di migliaia di siciliani. Palermo
si copre di lenzuola bianche e di slogan contro la mafia.
La rabbia monta contro la politica e le istituzioni, fino a
diventare rivolta nei giorni immediatamente successivi
alla morte di Paolo Borsellino e dei ragazzi della scorta.
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